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Emanuela Canepa «L'animale femmina»
L’animale femmina ha vinto all’unanimità il Premio Calvino 2017.
«La prima cosa che mi ha colpito in questo libro è l’intimità, è un libro sussurrato che racconta a tocchi leggeri un personaggio molto interessante. La protagonista è una vera ingenua, ricorda la Stefania Sandrelli di Io la conoscevo bene. Un tipo umano che in tanti nel mondo del cinema sogniamo di raccontare ma che è molto difficile da incontrare [...] La Rosita di questo romanzo è una creatura priva di stereotipi anche se è un personaggio classico: e uno scrittore che riesce a creare un personaggio classico senza cadere negli stereotipi è una rarità».
Umberto Contarello, «L'Espresso»
L’animale femmina segna l’esordio di Emanuela Canepa, vincitrice all’unanimità del Premio Calvino 2017. La giuria, durante la cerimonia, ha definito il romanzo «compiuto, maturo, di esemplare nitidezza nella struttura e incisivo nella lingua, che mette in campo uno spiazzante gioco di seduzione senza sesso e che, pur attento alla psicologia maschile, dà in particolare voce, con stringente analitica, alla forza carsica del femminile».
Rosita, la protagonista, abitava in un paesino vicino a Caserta, con una madre dai gesti imperiosi, meticolosa nell'occuparsi di lei ma incapace di trasmetterle l'amore che desiderava. A casa si sentiva vulnerabile ed infelice, oppressa da quello che gli altri pensavano di lei.
La salvezza sembra Padova dove riesce ad andare a studiare, mantenendosi con un lavoro in un supermercato, e dove, con difficoltà, porta avanti i suoi studi. Un incontro fortuito con un anziano avvocato dai modi signorili sembra offrirle un'opportunità per migliorare la sua vita e proseguire l’università; diventa la sua segretaria ma presto comprende come Ludovico Lepore sia un uomo dall'animo volgare, che approfitta della sua posizione di forza per deridere ed umiliare, che considera le «le femmine animali interessanti», con una debolezza ideologica.
«Sin dal primo giorno nel suo nuovo impiego, si trova invischiata in un sottile gioco psicologico, una sottomissione veicolata da sguardi, rimproveri velati e richiami alla disciplina […] Tutto ciò scatena una danza pericolosa e perturbante, in un racconto appuntito che è soprattutto una liberazione femminile dallo sguardo maschile. (Francesco Musolino, «il Fatto Quotidiano»).
Rosita, abituata al silenzio, obbediente, fragile, sembra destinata a soccombere alla dialettica feroce dell'avvocato; ma i fallimenti e le delusioni, l'esperienza della solitudine e lo sforzo di uscire dall'anonimato a cui la vita a volte sembra condannare, servono a conoscersi e trovare risorse inaspettate… forse la scialba segretaria può vincere nel duello finale. Per lo sceneggiatore Umberto Contarello «la cosa meravigliosamente scorretta di questo libro è la capriola con cui un uomo che esercita un potere abnorme su una donna finisce per produrre in lei una nuova libertà: libera una persona che lei non sapeva di essere. Ricorda My Fair Lady, ma c’è in più questo lato scorretto» («L'Espresso», link).
«L’animale femmina è un sofisticato romanzo d’esordio […] Usa un lessico scelto e del resto la stessa Rosita avverte il lettore che lei ha sempre detestato il dialetto. Dunque è un’autrice sapiente, che, nel montare la vicenda, sa che deve evitare il “romanzesco” d’altri tempi se vuole, appunto, raccontare quel che accade oggi con tutta la drammaticità di un presente senza filtri» (Paolo Mauri, «la Repubblica»).
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2019Rosita è scappata dal suo malinconico paese, e dal controllo asfittico della madre, per andare a studiare a Padova. Sono passati sette anni e non ha concluso molto. Il lavoro al supermercato che le serve per mantenersi l'ha penalizzata con gli esami e l'unico uomo...