Martedì 3 maggio, negli studi di Cinecittà a Roma, sono stati assegnati i David di Donatello. Fra i vincitori c’è Donatella Di Pietrantonio, premiata insieme a Monica Zapelli per la miglior sceneggiatura non originale con L'Arminuta.
Dopo il libro quindi, vincitore del Premio Campiello 2017 e tradotto in tutto il mondo, continua il successo anche del film girato da Giuseppe Bonito.
«Non era una scommessa facile mettere in immagini il romanzo L'Arminuta di Donatella Di Pietrantonio [...] E invece la messa in scena sapientemente controllata di Giuseppe Bonito e una bella prova collettiva di recitazione (citiamo almeno le due "mamme", Vanessa Scalera quella naturale ed Elena Lietti quella adottiva) sanno restituire il disagio di chi vede crollare le proprie certezze e deve fare i conti con un mondo che nemmeno immaginava esistesse, ritratto di un'Italia piccolo borghese che aveva sperato di cancellare le proprie origini contadine e invece è costretta a farci i conti».
Paolo Mereghetti, «Corriere della Sera»
«Una delle voci più rilevanti, più significative, più letterarie del panorama italiano. L’Arminuta mi ha commosso».
Michela Murgia
«C’è una scrittrice unica in Italia. Per scrivere si alza molto presto al mattino e fra le cinque e le sette procede per “lampi”, come dice lei. Attraverso questi lampi, Donatella Di Pietrantonio ha scritto romanzi di grande potenza e L’Arminuta è una perla».
Matteo Nucci
Il 15 aprile 2022 si è spento Jean-Paul Fitoussi. Economista brillante di fama internazionale, ha avuto intensi rapporti con l'Italia, facilitati dal suo eloquio perfetto nella nostra lingua. Da sempre ha stigmatizzato le teorie economiche neoliberiste e le politiche che ne derivavano, indifferenti alla sofferenza sociale, una sua grande preoccupazione. Coautore di articoli e libri con premi Nobel del calibro di Amartya Sen e Joseph Stiglitz, ha condiviso con lora una battaglia concettuale importante: la critica serrata al concetto di Prodotto Interno Lordo, stolido strumento inadatto a «misurare ciò che conta».
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M come Misurare. Perché è il momentodi andare al di là del Prodotto interno lordo,il Pil. Dobbiamo misurare ciò che contae ciò che conta davvero è il benessere.pp. XXXVI - 248€ 18,00
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La neolingua dell’economia
N come Neolingua dell'economia. Una lingua surreale denunciata da Fitoussi in questo libro. Una lingua che ormai parliamo tutti e che ha scarsi contatti con la realtà che vogliamo spiegare.pp. 192€ 17,00 -
La saga degli Effinger ha inizio con Paul e Karl – figli del capostipite Mathias, orologiaio a Kragsheim – che da un piccolo paese si dirigono alla volta della Berlino cosmopolita per cercare fortuna. Ambiziosi e irrequieti, mecenati talentuosi e sensibili, ardenti patrioti e prussiani, in poco tempo gli Effinger riescono a guadagnarsi la fama di abilissimi imprenditori e a diventare una delle famiglie piú importanti della città. Ma dopo la Prima guerra mondiale, le loro certezze borghesi cominciano a sgretolarsi e piano piano anche le loro splendide feste non possono piú nascondere l’antisemitismo sempre piú dilagante e brutale.
Gli amori, le sofferenze, le rivoluzioni politiche, ma anche gli arredi, gli abiti da sera, i caffè, i teatri: Gabriele Tergit, in un trionfo di voci e immagini minuziose, racconta il perduto mondo ebraico berlinese.
Nonostante il valore di questo romanzo sia stato scoperto più tardi della sua prima pubblicazione, nel 1951, oggi Gli Effinger viene considerato un classico, in corso di pubblicazione in tutto il mondo: «Uno splendido e ineguagliabile affresco della Germania ebraica tra Ottocento e Novecento» (Literatur – Der Spiegel).
Alla sua prima edizione italiana, nella traduzione di Isabella Amico di Meane e Marina Pugliano, il libro di Gabriele Tergit sta entusiasmando i lettori e la critica. Ecco alcuni estratti:
«Sembrerebbe difficile trovare qualcosa di creativo e di nuovo in un romanzo storico. Ma ci sono delle sorprese – ad esempio un romanzo di grande successo e di indubbio fascino come Gli Effinger. […] Gabriele Tergit racconta con una grazia e una naturalezza che sfidano ogni ridicola pretesa di emulazione e riescono a far toccare con mano, a far sentire la realtà e la vita dei tedeschi in quegli anni. In questo fluviale racconto – il cui protagonista è Berlino più che la Germania – ci sono soprattutto la leggerezza e la malinconia piuttosto che la grandezza imperiale della capitale».
Claudio Magris, «Corriere della Sera»
«La storia corre sciolta e ariosa. Priva di compiacimenti formalistici, e resa musicale da una serrata polifonia di dialoghi brillanti, la prosa stabilisce una complicità affettuosa col lettore. L'impianto sembra pronto per una sceneggiatura, e infatti i diritti cinematografici sono già stati opzionati. Facile supporre che Gli Effinger sia atteso da un destino felice. […] Catturano la costante mancanza di sentimentalismo nella registrazione dei fatti e la vitale densità dell'affresco storico, economico e sociale, dal quale emergono i meccanismi del lavoro, la lotta fra capitalismo e marxismo, le idee sull'emancipazione della donna, il contrasto tra l'anelito giovanile alla secolarizzazione e il vecchio integralismo religioso nei contesti ebraici. Ogni cosa s'intreccia, s'amalgama e risplende, nell'epopea moderna degli Effinger».
Leonetta Bentivoglio, «Robinson – la Repubblica»
«Leggere Gli Effinger della scrittrice Gabriele Tergit (1894-1982) è qualcosa di simile a un'immersione totale […] Sì, lo hanno paragonato ai Buddenbrook, e le somiglianze sono evidenti, l'impronta è quella (tra l'altro il capolavoro di Mann finisce nel 1877, mentre qui incontriamo Paul Effinger nel 1878), soprattutto in alcuni personaggi. […] Tergit crea (o forse solo ricorda?) protagonisti irresistibili. Sembra di vederli intorno al grande tavolo da pranzo. Ridere, litigare, amare. La stampa tedesca, che ha riscoperto e incoronato il romanzo nel 2019 (opzionati i diritti per farne un film), ha fatto notare che qualsiasi autore di drama di una qualunque piattaforma digitale dovrebbe arrossire davanti alla costruzione narrativa degli Effinger. Alla straordinaria resa di un mondo perduto per sempre, e mai così vivo».
Annachiara Sacchi, «la Letttura – Corriere della Sera»
Sono tante le vite vissute – di uomini e donne, vite esemplari oppure umilissime – che i lettori di mezzo mondo hanno potuto apprezzare attraverso le opere di Chiara Frugoni, indubbiamente una delle nostre più originali medieviste.
Grazie a un metodo di ricerca che incrocia le parole e le immagini, il linguaggio delle figure con quello del sapere storico-filologico, e in virtù di una sapiente contrappunto di erudizione, intelligenza e un peculiare gusto per il dettaglio, Chiara Frugoni ci ha rivelato con precisione il senso nascosto e la portata simbolica di numerose immagini dell’iconografia medievale; facendoci brillare davanti agli occhi tutta l’umanità, le emozioni e i sentimenti degli uomini e delle donne di un’epoca lontana a lei così intimamente prossima.
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Gli affreschi della Cappella Scrovegni a Padova
English version included
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Questo libro, scritto in modo scorrevole e attraente, vuole essere una guida, scena per scena, della Cappella degli Scrovegni: una guida molto dettagliata, in stretto rapporto al DVD che l'accompagna, dove sono contenute le splendide riprese dell'intera cappella, eseguite dopo i restauri del...pp. 224€ 27,00 -
Storia di Chiara e Francesco
La storia di due giovani che, volgendo lo sguardo al mondo che li circondava, decisero di cambiarlo.pp. 224€ 13,00 -
Senza misericordia
Un volume che - partendo da una nuova campagna fotografica dedicata agli affreschi della Chiesa dei Disciplini di Clusone - offre al lettore uno studio innovativo su questo straordinario complessoiconografico.pp. 256€ 38,00 -
Quale Francesco?
In un volume splendidamente illustrato, Chiara Frugoni, la piú accreditatastudiosa di Francesco e di iconologia francescana, offre, oltre a un'ineditachiave interpretativa dell'intera Basilica superiore, una straordinaria galleriadi nuovi particolari visivi finora sfuggiti agli studiosi, di cui fornisce, divolta in volta, l'esauriente spiegazione.pp. 612€ 80,00 -
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Francesco e l’invenzione delle stimmate
Una sorprendente interpretazione di un singolare momento di storia religiosa, culturale e artistica. Attraverso l'analisi di dipinti, leggende e biografie viene alla luce il radicale mutamento del modo di intendere la religione all'indomani della morte di Francesco.pp. XXXIV - 470€ 68,00 -
Le storie di San Francesco
Questo libro, scritto in modo scorrevole e attraente, illustra il ciclo dedicatoa San Francesco, spiegandone il significato e i particolari scena per scena,come se accanto al visitatore ci fosse una guida che parla e chiarisce.pp. 198€ 26,00 -
La voce delle immagini
Una guida ideale a tutti i musei. Mille anni di immagini di un lungo Medio-evo scorrono davanti agli occhi e assumono per la prima volta un senso di racconto altrimenti destinato a restare sepolto solo nelle biblioteche degli eruditi.pp. XXII - 420€ 36,00 -
L’affare migliore di Enrico
«Chi si ricorderebbe oggi di Enrico se non ci fosse stato Giotto? In definitiva quelle pitture furono il migliore affare del grande finanziere».pp. XX - 606€ 75,00 -
Il 13 aprile 2022 Letizia Battaglia ci ha lasciato. Fotografa di fama internazionale, è stato un esempio per tutti di autonomia e indipendenza. I suoi reportage hannno rivoluzionato il significato delle immagini nel racconto di cronaca; ma soprattutto hanno rivoluzionato la sua vita, che si è intersecata con la storia di Palermo, insanguinata dalla guerra di mafia. Nel corso della sua lunga esistenza ha svolto un ruolo che va ben oltre a quello di autorevole testimone degli sconvolgimenti del nostro tempo, impegnandosi direttamente, con determinazione e coraggio, nella società civile.
Penelope Spada è un ex PM milanese che per motivi oscuri ha dovuto lasciare la magistratura. Ora vive conducendo indagini per conto di privati, senza essere in possesso di alcuna licenza investigativa. «Nel suo passato c'è una lesione e anche nel presente narrativo ci sono elementi contraddittori, come la combinazione tra sport e abitudini malsane. Ha una dimensione etica fortissima che coesiste con un'altrettanto forte propensione a violare le regole. Rimbalza tra estremi e lo ammette chiaramente: voleva fare lo sbirro ma voleva anche l'autonomia del pubblico ministero» (Gianrico Carofiglio intervistato da Stefania Parmeggiani, «la Repubblica»).
Una mattina si presenta da lei Marina Leonardi: vuole che faccia chiarezza sulla morte del padre, archiviata tempo prima come decesso per cause naturali. La donna crede che sia stato ammazzato.
Vittorio Leonardi, chirurgo, professore universitario, parlamentare per una legislatura, dopo aver divorziato si è sposato con una donna molto più giovane di lui, cui ha lasciato la gran parte del cospicuo patrimonio; poco prima di morire aveva però espresso verbalmente al notaio la volontà di modificare il testamento.
Il caso riporta Penelope a un passato che voleva dimenticare, ma le offre anche l’occasione per riallacciare i fili sospesi della propria esistenza.
«Come la sabbia nella clessidra, anche la vicenda di Penelope scorre inesorabile verso la resa dei conti, guidata da "una quieta e implacabile entropia in azione". Quieta e implacabile è anche la scrittura di Carofiglio, scarna e precisa come chi sa quanto sia forte il potere delle parole e la responsabilità di usarle» (Raffaella Silipo, «tuttolibri – La Stampa»).
Gianrico Carofiglio ci consegna un’avventura umana che va ben oltre gli stilemi del genere; e un personaggio epico, dolente, magnifico: «Nel mio giallo atipico il risultato narrativo è l'esito di una combinazione di tante storie di persone molto diverse tra loro, che offrono uno squarcio, un brandello di riflessione sulla condizione umana» (Gianrico Carofiglio intervistato da Francesco Mannoni, «Il Mattino»).
Rancore è «una storia di colpa e redenzione, e una riflessione sul potere salvifico delle parole, quelle che sgorgano, finalmente, a svelare la propria verità» (Maria Grazia Ligato, «Io Donna»).
Il 31 marzo, dalla Camera di commercio di Roma, sono stati annunciati i dodici libri candidati alla LXXVI edizione del Premio Strega.
Due i titoli Einaudi presenti:
Spatriati di Mario Desiati, presentato da Alessandro Piperno: «Lasciatemi dire, anzitutto, che sono pochi gli scrittori italiani contemporanei che abbiano saputo imprimere al proprio itinerario letterario una coerenza così implacabile. Dai tempi lontani Desiati ha saputo restare fedele al suo mondo con un’ostinazione sorprendente. Ecco, a mio giudizio, Spatriati è il suo libro migliore, il fiore della maturità, quello in cui i temi, le atmosfere e lo stile raggiungono una sintonia incantevole» (qui il testo completo).
Niente di vero di Veronica Raimo, presentato da Domenico Procacci: «Sono un Amico della domenica da diversi anni ma è la prima volta che decido di presentare un romanzo al Premio Strega. Lo faccio perché me ne sono innamorato prima da lettore e poi da produttore. Veronica Raimo ha un talento prezioso, scrive di cose serie, profonde, talvolta sconcertanti, con uno stile ironico e brillante. Niente di vero è uno spaccato tagliente di una famiglia italiana che ci somiglia, in cui la voce narrante smonta continuamente gli aspetti più canonici dello stare insieme per diritto di sangue, così come demolisce ogni retorica consolatoria, con una scrittura libera, spudorata e irresistibile» (qui il testo completo).
Gli altri candidati:
Marco Amerighi, Randagi (Bollati Boringhieri)
Fabio Bacà, Nova (Adelphi)
Alessandro Bertante, Mordi e fuggi (Baldini+Castoldi)
Alessandra Carati, E poi saremo salvi (Mondadori)
Veronica Galletta, Nina sull’argine (minimum fax)
Jana Karšaiová, Divorzio di velluto (Feltrinelli)
Marino Magliani, Il cannocchiale del tenente Dumont (L’Orma)
Davide Orecchio, Storia aperta (Bompiani)
Claudio Piersanti, Quel maledetto Vronskij (Rizzoli)
Daniela Ranieri, Stradario aggiornato di tutti i miei baci (Ponte alle Grazie)
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Spatriati
«A volte si leggono romanzi solo per sapere che qualcuno ci è già passato».
Claudia entra nella vita di Francesco in una mattina di sole, nell'atrio della scuola: è una folgorazione, la nascita di un desiderio tutto nuovo, che è soprattutto desiderio di vita. Cresceranno insieme,...pp. 288€ 20,00 -
Niente di vero
«Veronica Raimo è l'unica che mi ha fatto ridere ad alta voce con un testo scritto in prosa da quando ero adolescente».
ZEROCALCARE
La lingua batte dove il dente duole, e il dente che duole alla fin fine è sempre lo stesso. L'unica rivoluzione possibile è smettere...pp. 176€ 18,00
Dopo aver vinto i premi per la miglior sceneggiatura a Cannes, per il miglior film straniero ai Golden Globe e per il miglior film non in lingua inglese ai Bafta, Drive my car si è aggiudicato anche l’Oscar per il miglior film internazionale.
Lo stesso regista giapponese, Hamaguchi Ryusuke, ha spiegato perché si è basato sul racconto omonimo di Murakami Haruki (tratto da Uomini senza donne - Super ET, 2016):
«In Drive My Car le interazioni tra Kafuku e Misaki, i due personaggi principali, avvengono all’interno di un’auto. E questo ha innescato i miei ricordi. Certe conversazioni, conversazioni intime, possono nascere solo all’interno di quello spazio chiuso e in movimento. Un luogo, in realtà un non-luogo, che ci aiuta a scoprire aspetti di noi stessi mai mostrati a nessuno. O pensieri che, prima, non sapevamo esprimere con le parole» (da «Sky TG 24 – Spettacolo», link).
«Murakami Haruki ha la freschezza di chi narra il mondo ricominciando da capo e permettendosi infinite variazioni: non è uno scrittore, ma una serie di scrittori racchiusi in uno».
«la Repubblica»
Dopo gli acclamati Parlarne tra amici e Persone normali, Sally Rooney torna con un nuovo libro sulla generazione dei millennial, definito dal New York Times «il miglior romanzo di Rooney, fino ad ora».
Alice è una scrittrice successo, ma per trovare compagnia deve andare su Tinder. Eileen lavora per una rivista letteraria, però non ci paga l'affitto. Simon ama da sempre la stessa donna, ma da sempre ne frequenta altre. Felix passa in birreria il tempo libero dal lavoro di magazziniere, ma la sua è una fuga. Alice, Eileen, Simon e Felix si parlano, si fraintendono, si deludono e si amano e, mentre attraversano il cerchio di fuoco dei trent'anni, si chiedono se esista davvero, al di là, ancora, un mondo bello in cui sperare.
Rooney ha «un talento speciale, di sicuro un orecchio assoluto, che dà ai suoi dialoghi la cadenza esatta dei dialoghi da pub o da bar di gente giovane occidentale e mediamente benestante. Che per l'appunto parla di libri, di film, di amicizie, di sesso. Ma sarebbe poco: è come se nel ritmo della prosa, o in certe ondate improvvise di malinconia, nel modo (notevole) che ha di scrivere di sesso, nell'esattezza di alcuni dettagli, sensazioni afferrasse una risposta alla seguente domanda: "Com'era stare al mondo in Occidente nei primi decenni del Ventunesimo secolo?"» (Paolo Di Paolo, Robinson – la Repubblica»).
«Composto da lettere, vita quotidiana, crescita sentimentale, condivisione di ricordi e voglia di ripercorrerli traendone senso, Dove sei, mondo bello mette in scena una vita sociale a volte divertita e altre volte frustrante ma sempre affrescata in modo nitido e spigliato. I dialoghi ne sono parte fondamentale grazie al loro alternarsi serrati e convincenti, persino al limite della plausibilità tanto è l'acume psicologico che esibiscono, rivelando una intensità di ragionamenti che perlopiù tiene a bada la deriva della pesantezza e si traduce in esplorazioni suggestive da parte di interlocutori paradossalmente ordinari nella loro unicità e straordinari nel restituire traiettorie di vite normali» (Andrea Binelli, «il manifesto»).
Chi pensa che Sally Rooney parli di una generazione, sbaglia. Il suo è il racconto preciso, straziante di un'epoca Teresa Ciabatti, «la Lettura – Corriere della Sera»
Rooney attraverso la storia delle due coppie, Alice e Felix da una parte, Eileen e Simon dall’altra, ci mostra «un mondo dove è difficile trovare una collocazione, al di là del lavoro e degli affetti. Un mondo dove tutti ci muoviamo, aspirando sempre a qualcosa di meglio» (Isabella Fava, «Donna Moderna»).
Ricerca di un’identità, di uno scopo… «È come se Rooney scrivesse una gnoseologia del tempo presente – cosa evidentemente ardua – attraverso il racconto delle vite, e soprattutto delle incongruenze di vita, dei suoi giovani personaggi, che attraversano questo nostro tempo così com'è, perché altro non è dato loro da fare. Se non – ed ecco la cifra di Rooney –pensarci su […] Dove sei, mondo bello «è la riprova, semmai ce ne fosse bisogno, che la romanziera irlandese trentunenne ha un talento straordinario, da enfant prodige, e che questo talento è capace di rinnovarsi e diventare a ogni libro sempre più nitido e acuto» (Valentina Berengo, «Il Foglio»).
È il 27 dicembre 1908. Nicola ha undici anni, vive a Reggio Calabria e sta per addormentarsi nel suo catafalco, in cantina, legato con le funi della Madonna di Messina che si diceva avessero proprietà magiche. La madre, una donna prepotente e capricciosa, lo vuole sottrarre al diavolo e il bambino obbedisce senza protestare, assecondando ogni sua pretesa.
Barbara invece è dall’altra parte del mare, a Messina, arrivata in treno dalla nonna per vedere l’Aida. Sogna una fuga dal padre e non vuole sposare l'uomo «brutto e stupido» scelto per lei. Non vuole essere rinchiusa nella sua casa.
«Un attimo prima di voltare le spalle alla notte, il mare si mosse» e il più devastante terremoto mai avvenuto in Europa rade al suolo le due città.
Nadia Terranova attinge alla storia dello Stretto, il luogo mitico della sua scrittura, per raccontarci di una ragazza e di un bambino cui una tragedia collettiva toglie tutto, eppure dona un'inattesa possibilità. Quella di erigere, sopra le macerie, un'esistenza magari sghemba, ma più somigliante all'idea di amore che hanno sempre immaginato. Perché mentre distrugge l'apocalisse rivela, e ci mostra nudo, umanissimo, il nostro bisogno di vita che continua a pulsare, ostinatamente.
Trema la notte è un romanzo potente, intimo, doloroso e pieno di speranza, che sta entusiasmando la critica:
«In Trema la notte c'è fame di vita. E c'è una scrittrice che ha trovato la voce perfetta e levigata di due figure cariche di umanità, di rabbia e di grazia. Un libro magnifico».
Stefania Auci
«Nadia Terranova racconta di superstiti, di donne che fanno comunità, di famiglie senza sangue e di scrittrici senza tomba; di certezze e di orizzonti che tremano».
Giulia Caminito
«Nadia Terranova ha avuto in questo libro il coraggio di allontanarsi dalla scrittura delle sue opere precedenti per arrivare a una mimesi perfetta della lingua di una giovane del primo '900. È una lingua che suona allo stesso tempo antica e moderna, spiazza il lettore nell'incipit, ma poi subito lo prende dentro portandolo in stretto contatto con i personaggi e i loro posti di sciagure e bellezza».
Donatella Di Pietrantonio, «tuttolibri – La Stampa»
«Nadia Terranova racconta due vite a partire dalla vigilia del giorno in cui "il mare si mosse". Dal 27 dicembre del 1908, quando un bambino va a dormire a Reggio Calabria, una ragazza è a teatro con sua nonna a vedere l'Aida, a Messina. Poi, un momento prima di voltare le spalle alla notte, la libertà che entrambi sognavano, la ribellione che progettavano, si presenta vestita da baratro. Trema la notte - il romanzo – diventa allora una camera a spalla sull'apocalisse. Un piano sequenza sul terremoto che rade al suolo due città, decine di migliaia di vite ma non quelle di Nicola e Barbara».
Concita De Gregorio, «la Repubblica»
«La prima parte del romanzo rivela le macerie, che in senso trasfigurato potrebbero anche farci pensare alle macerie collettive con cui l'umanità sta facendo i suoi conti in questi giorni […] Ma la seconda parte del romanzo è dedicata al senso profondo della speranza».
Valeria Parrella, «Grazia»
«Terranova sa usare parole precise per dipingere le sfumature che si agitano nell'animo dei suoi personaggi; conosce perfettamente le contraddizioni dei desideri e della volontà; le contraddizioni dell'amore. Ma sa che per mettere in moto un cambiamento c'è bisogno di una spinta radicale».
Gaia Manzini, «Il Foglio»
«Nadia Terranova consegna un libro potente, profondo come lo sono le viscere in cui ci accompagna, a un tempo documentato su ciò che è avvenuto in quei giorni di apocalisse terrestre e generativo di alleanze. Tante e tali sono le sincronicità che lei stessa, con sapienza, cuce al dritto e al rovescio per descrivere il congedo improvviso di un mondo che ne restituisce un altro inimmaginabile ma con cui ci si deve confrontare».
Alessandra Pigliaru, «il manifesto»
«Due grandi e contagiosi maestri: il pirotecnico Vincenzo Consolo da un lato, e il sinuoso, ipnotico Gesualdo Bufalino dall'altro».
Emanuele Trevi, «Corriere della Sera»
«Prendendo spunto dalla più grande catastrofe sismica d'Europa, l'autrice riesce a firmare, in definitiva, un potente inno alla vita».
Francesco Musolino, «Il Messaggero»
«Un viaggio nel tempo sulla cresta di una scrittura elegante nella sua vividezza».
Nadeesha Uyangoda, «Internazionale»
«Un romanzo dolce e feroce, bellissimo, fatto di sguardi che affiorano sulle pagine mostrando percorsi labirintici. Si parla di famiglie, di libertà, di violenza, di sofferenza, di sopraffazione e riscatto. Di donne, che sanno sempre salvarsi da sole. E della Luna, uno dei personaggi di questo sensuale e materno romanzo sempre cullato dal movimento stregato del mare».
Romana Petri, «Io Donna»
«C'è qualcosa di molto potente in queste pagine [...] Un romanzo denso di vita, morte, rovine, nuove possibilità, in cui brillano le donne, indomite, coraggiose, oltraggiate ma arrese mai».
Marta Cervino, «marie claire»