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Vita segreta delle città
Qual è la storia di una città? Qual è ad esempio la storia di Mumbai, di New York, di São Paulo? In realtà non c'è una sola storia, ce ne sono tante. Molto dipende da chi le racconta, e da chi le ascolta.
Il libro
Di ogni luogo esistono almeno due diverse narrazioni: quella ufficiale, spesso dai toni euforici e giubilanti, e quella non ufficiale, piú sobria e vera.
Mehta ricerca le vite che nessuno racconta, quelle di chi le città le abita davvero, con passione, dolore e spesso molte difficoltà. Le città segrete dei poveri, dei migranti, delle famiglie, della gente in movimento. Perché l’essenziale è non dimenticare mai che le città sono fatte delle persone che le abitano e che le metropoli, che emarginano ed escludono, sono sempre di piú luoghi vuoti, parvenze, simulacri di se stesse.
«Per la prima volta nella storia, la maggioranza degli esseri umani vive nelle città e non nei villaggi». È a partire da questo dato statistico, «il piú importante dato statistico del nostro tempo», che in questo suo nuovo libro, il primo dopo il grande successo di Maximum City, Suketu Mehta si immerge nella vita segreta delle città. Le città infatti hanno due possibili storie, una narrazione ufficiale e una non ufficiale, che non compare nei progetti dei pianificatori, negli opuscoli delle agenzie immobiliari nei dépliant turistici e nei discorsi dei politici, ma ha l’inconfondibile sapore della realtà. A conoscere e raccontare questa storia segreta sono soprattutto persone che in città vivono come ospiti sgraditi, i migranti, gli abitanti delle bidonville, i poveri che non possono piú permettersi di restare in quartieri dove la loro famiglia abita da generazioni ma dove il costo della vita è diventato proibitivo. Ed è su di loro che Mehta concentra la sua attenzione, ascoltandoli e mettendo a confronto le loro esistenze con la propria vita di «migrante interlocale» che da quarant’anni fa avanti e indietro tra Bombay e New York, e sente di non appartenere né all’India né agli Stati Uniti, ma piuttosto ad Andheri e a Jackson Heights, i quartieri in cui abita nell’una e nell’altra. L’appartenenza a un’entità astratta come la nazione va sfumando per lui nell’inconsistenza, mentre un’importanza sempre maggiore assume «il tessuto della realtà fisica che ci circonda». Se questo libro, come l’autore si augura, contribuirà ad avvicinare la lingua e la mentalità di urbanisti e amministratori a quelle di coloro che le città le vivono, è proprio grazie a una straordinaria capacità di restituire questa realtà fisica. Muovendosi instancabilmente fra un hot bed di Chinatown e una libreria di Lisbona che vende solo libri di poesia, un seminterrato del Queens occupato abusivamente da muratori uzbechi e un tribunale newyorkese dove si valuta una richiesta d’asilo, una favela di Rio e uno slum di Mumbai, Mehta ricerca sempre le storie che nessuno racconta, le storie di chi le città le abita davvero, spesso con grandi difficoltà. Perché le città sono fatte dalle persone che le abitano, e per questo le città che escludono le persone, come sempre piú tendono a fare le metropoli, tradiscono la propria stessa natura, e rischiano di diventare simulacri di se stesse.