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Teste tonde e teste a punta
Il libro
Teste tonde e teste a punta nasce fra il 1931 e il 1934, il triennio della catastrofe che si consuma in Europa con l’ascesa trionfale di Hitler al potere e col crollo sia della pur bacata democrazia tedesco-weimariana, sia di tutto il suo tormentato ma ricchissimo bagaglio culturale. È un terribile hic Rhodus hic salta, particolarmente per Brecht: quel Brecht che, uscito – come il Garga della Giungla delle città – dalla sua vecchia pelle, divenuto marxista da quel ribelle anarchizzante che era al tempo del Libro di devozioni domestiche e dei suoi primi drammi, ha alle sue spalle un decennio terribilmente intenso di vita intellettuale e artistica. Il successo clamoroso dell’Opera da tre soldi, unitamente a un’attività frenetica di teorico, produttore, iconoclastico rinnovatore del teatro (basti accennare ai Lehrstücke), hanno fatto di lui l’uomo di punta della cultura tedesca di sinistra. Ma ecco che i primi mesi del 1933 lo vedono costretto a fuggire precipitosamente dalla Germania e a vagare, spogliato di tutto, per paesi e città stranieri, quasi ovunque sconosciuto o misconosciuto per il suo ortodosso ancoraggio al marxismo (ricordiamo la fredda accoglienza riserbata al suo intervento al Congresso internazionale degli scrittori antifascisti tenuto a Parigi nel 1934); e l’unica ricchezza che gli rimane è un cumulo tutto personale di esperienze e di teorie, la cui attendibilità aspetta d’esser messa alla prova.