-
Antropologia e religione Antropologia e religione
-
Arte e musica Arte e musica
-
Classici Classici
-
Critica letteraria e linguistica Critica letteraria e linguistica
-
Filosofia Filosofia
-
Graphic novel Graphic novel
-
Narrativa italiana Narrativa italiana
-
Narrativa straniera Narrativa straniera
-
Poesia e teatro Poesia e teatro
-
Problemi contemporanei Problemi contemporanei
-
Psicologia Psicologia
-
Scienze Scienze
-
Scienze sociali Scienze sociali
-
Storia Storia
-
Tempo libero Tempo libero
La terra e l’evoluzione umana
Il libro
Dalle distinzioni di Ippocrate, tra popolazioni dolci e ardite dei paesi alti e genti nervose e indocili dei terreni bassi, agli almanacchi popolari che illustravano e classificavano gli influssi dello Zodiaco, ai versi di Boileau nell’Art poétique, «Les climats font souvent les divers humeurs», il rapporto tra ambiente fisico e attività umane, e più in generale tra geografia e storia, è stato dominato per secoli da un determinismo stretto e assoluto. Come osserva Lucien Febvre, nelle prime pagine di questo libro, «per le generazioni che senza esitare deducevano l’influsso psicologico di Mercurio o di Saturno o di Marte, non c’era proprio nulla di stupefacente, assolutamente nulla, nell’idea che “il clima” o “i Climi” – parola confusa e male analizzata – determinassero necessariamente la natura dell’uomo di ogni paese, la funzione che questo paese doveva avere in ogni età e, finalmente, “l’idea che è chiamato a rappresentare”». La terra e l’evoluzione umana ha rappresentato il momento di rottura di questa teoria dell’ambiente e ha segnato il punto di partenza di un opposto atteggiamento critico: soprattutto nei confronti di un’ideologia della geografia come scienza della descrizione, scienza neutrale e predeterminata. Non a caso, quando questo libro apparve, nel 1922, la reazione dei geografi di tutta Europa fu insolitamente concorde nel respingere quello che veniva definito «un così caustico attacco» alla disciplina geografica, un tentativo di relegarla «in posizione subordinata» rispetto alla storia. In realtà, una contesa geografia-storia sarebbe, come scrive Febvre, «vana logomachia» : il suo problema è stato rivendicare, contro ogni spiegazione meccanicistica, il ruolo attivo dell’uomo anche nei confronti dell’ambiente. «L ‘evoluzione umana – egli scrive, nella luce della fìlosofia della vita di Bergson – è l’evoluzione creatrice per eccellenza». Condannando al fatalismo ogni sapere geografico precedente, Febvre introduce nella geografia la noziorie di «possibilità di azione», e apre un itinerario di ricerca che ha portato la geografia a diventare una delle chiavi delle scienze sociali, con una forza d’intuizione che è il fascino e l’attualità di un testo ormai classico.