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Il Gran Capitano
La magistrale ricostruzione della vita avventurosa di Consalvo di Cordova (1453-1515): condottiero e uomo di corte, voce laica e universalista tra il regno di Napoli e un'Europa che dal dominio spagnolo si affaccia sul mondo.
Il libro
Il motto che guidò l’esistenza di Consalvo di Cordova fu sempre «costruire e rinnovare»: un obiettivo condiviso da alcuni importanti esponenti del clan degli Enríquez, fra i quali spiccarono per ingegno la regina Giovanna di Napoli e il re Ferdinando d’Aragona. Due principi a capo di poderosi apparati amministrativi che ricercarono il modo di rinnovare lo Stato o che si facevano strada con complessi intrighi diplomatici nel dedalo di interessi creato dalla nobiltà; due principi impeccabili nella loro assoluta fede nei valori della modernità, in anticipo di una o due generazioni sulla propria, mossi da quell’impulso a perfezionare la propria personalità che lo storico svizzero Jacob Burckhardt attribuisce a una natura sì dominante, ma anche dotata sotto più aspetti, propria dell’uomo universale, ossia di una tipologia umana a suo avviso squisitamente italiana. Umanisti fieri di sfoggiare dinanzi a Carlo V la propria cultura enciclopedica e lievemente contrariati, nella loro inappuntabilità, dalla cialtroneria imperante in Spagna. Subito dopo la sua morte, numerosi italiani e spagnoli che l’avevano conosciuto di persona, o semplicemente per sentito dire, presero a narrarne la vita e le gesta. Iniziava così l’elaborazione del mito. Si trattò di un rituale letterario interpretato in ciascuna epoca storica in modo distinto, in funzione del sistema di valori in vigore in ogni società, ma sempre con grande interesse. Venne così gettata luce su singoli dettagli nel comportamento di Consalvo durante la guerra di Granada o le campagne d’Italia. Il mito sorse da quegli stessi racconti e con una precisa intenzionalità politica. Non si era mai più verificato un fenomeno del genere dal tempo in cui Omero scrisse dei guerrieri di Troia e Virgilio seguì fino a Roma le tracce di Enea in esilio. La passione moderna per la costruzione di un mondo si sovrappose all’opprimente destino della tragedia classica, per poi saldarsi con gli interessi dell’Impero spagnolo e degli Asburgo.