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L’Italia sospesa
Un decennio di storia della Repubblica attraverso riflessioni e giudizi che arrivano dall'altra sponda dell'Atlantico. Gli anni settanta, passaggio cruciale della guerra fredda, ridefiniscono vincoli, modelli e appartenenze di campo.
Il libro
La trama delle relazioni tra l’Italia e gli Usa sottratta alle letture ideologiche e alle semplificazioni strumentali, nella prospettiva di valorizzare il ruolo del sistema internazionale nell’evoluzione del quadro politico interno. Il caso italiano perde i connotati di eccezionalità e diventa parte delle vicende europee e dei rapporti transatlantici del secondo dopoguerra: gli equilibri precari della Repubblica nella difficile negoziazione di un nuovo assetto internazionale. Lo sguardo degli Usa sulla crisi italiana rappresenta un terreno di analisi privilegiato per ricostruire i nessi tra nazionale e internazionale e per gettare nuova luce su alcuni snodi della storia repubblicana: dalla strage di piazza Fontana all’uccisione di Aldo Moro, dal referendum sul divorzio alla cronica instabilità politica, dalla crisi del centro-sinistra al compromesso storico.
Il libro si basa su documenti statunitensi di varia provenienza (Dipartimento di Stato, Cia, Casa Bianca, biblioteche e fondi presidenziali: Johnson, Nixon, Ford, Carter) che contribuiscono a ricostruire le relazioni tra i due paesi. La dialettica non è solo tra le due sponde dell’Atlantico ma condiziona i due campi, attraversa i protagonisti, divide le diverse istituzioni coinvolte. Sintetizzare il confronto riconducendolo alle espressioni «gli Usa, l’Italia» o «il governo degli Stati Uniti, il governo italiano» rischia di semplificare un quadro di voci articolato e plurale, composto da differenti funzioni e responsabilità, da uomini coinvolti all’interno di organismi complessi e segnati dalla logica bipolare. Vengono meno le lenti deformanti di una contrapposizione ideologica e manichea tra ingerenza statunitense – talvolta declinata con le categorie dell’eterodirezione o della dietrologia – e autonomia delle classi dirigenti italiane, a difesa di una presunta peculiarità nel panorama dell’Europa post bellica. Gli anni Settanta rappresentano un fecondo punto di osservazione della rottura di rapporti consolidati, della crisi dei modelli di riferimento e della ricerca di nuove strade.