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La spia intoccabile
La storia di un uomo dallo straordinario potere, esercitato in modo felpato, in un cono d'ombra, in Italia, a partire dal dopoguerra.
Il libro
Di Federico Umberto D’Amato è stato detto che «sapeva quasi tutto di tutti e quello che non sapeva, tutti pensavano che lo sapesse». Per questo tutti lo temevano. Per i suoi detrattori è stato una sorta di anima nera della Repubblica della quale avrebbe custodito i piú reconditi misteri; per i suoi estimatori, invece, è stato il piú geniale uomo di intelligence che l’Italia abbia mai avuto, maestro nell’arte dello spionaggio e unico esponente dei servizi segreti italiani davvero stimato a livello internazionale. Al vertice del cosiddetto Ufficio Affari Riservati (l’organismo informativo del ministero dell’Interno) tra l’inizio degli anni Sessanta e la metà degli anni Ottanta D’Amato fu detentore di un potere talmente vasto da permettergli di condizionare perfino le scelte politiche dei vari ministri dell’Interno in carica.
Chi era Federico Umberto D’Amato? E quale funzione aveva l’Ufficio Affari Riservati (Uar), che diresse per tanti anni? Solo di recente ci si è resi conto di quanto sia stato rilevante il ruolo giocato dall’Uar durante gli anni della guerra fredda in Italia, disponendo finalmente di sufficienti elementi documentali per comprendere come esso sia stato l’organismo responsabile di una delle piú spregiudicate e capillari opere di infiltrazione all’interno di partiti politici, sindacati e movimenti extraparlamentari. Questa documentazione ha dimostrato che per decenni all’Uar aveva fatto capo una sorta di polizia parallela che agiva in modo del tutto autonomo dalle canoniche forze di pubblica sicurezza e che era in grado di gestire e tenere a libro paga centinaia di informatori sparsi in gran parte del territorio italiano. L’Ufficio Affari Riservati, in sostanza, operava come un vero e proprio servizio segreto, pur non essendo giuridicamente riconosciuto come tale. E, pur non avendo alcuna legittimazione giuridica, è di fatto esistito fin dall’immediato dopoguerra senza che il suo operato abbia mai suscitato un particolare interesse da parte della stampa, delle forze d’opposizione e della magistratura. La stessa figura di Federico Umberto D’Amato, d’altronde, è ancora oggi molto poco conosciuta, sebbene egli sia certamente stato il piú importante e influente dirigente dell’Uar, per anni detentore di un potere talmente vasto da permettergli di condizionare perfino le scelte politiche dei vari ministri dell’Interno in carica.