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In marcia verso Adua
Il libro
Il primo marzo 1896, nei pressi di Adua, un corpo di spedizione italiano comandato dal generale Oreste Baratieri venne annientato dal poderoso esercito etiopico di Menelik secondo. Se gli “storici coloniali” italiani hanno sempre cercato di ridimensionare l’entità della disfatta, gli studiosi africani vi hanno visto addirittura uno dei primi segni di riscossa dei neri contro i bianchi.Quattromilacinquecento morti e circa duemila prigionieri italiani, duemila vittime tra gli “ascari”, un numero imprecisato di feriti: Adua fu la più cocente sconfitta patita da una potenza europea nello Scramble for Africa, nella corsa alla spartizione del continente nero. La catastrofe africana fece cadere il governo crispino, impresse una svolta alla politica estera ed interna italiane, ridimensionò le ambizioni da grande potenza dell’Italia umbertina, mobilitò le masse popolari di numerose città italiane che sceserò in piazza al grido di “Abbasso Crispi! Viva Menelik!”Ma in che modo si arrivò ad Adua? Come fu possibile che l’ultima delle potenze europee volesse a tutti i costi un’espansione sulle coste del Mar Rosso, incagliandosi contro l’impero etiopico, allora uno degli stati tradizionali più forti dell’intera Africa? Perché i governi dell’Italia liberale si fidarono così tanto dei militari, che sulla prima colonia eritrea avevano steso una presa così larga e profonda?Questo studio di Nicola Labanca – basato su una ricognizione amplissima degli archivi politici e diplomatici, militari e coloniali quale mai sinora era stata compiuta – dà una risposta a questi interrogativi. Avvicinandosi al primo colonialismo italiano da un’ottica internazionale e comparata, evidenzia il peso particolare dei militari e dell’esercito. Analizza le relazioni tra politici e militari che stavano alla radice della politica espansionista. Studia la composizione sociale dei primi reparti coloniali.