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Le beatitudini della malattia
Una foglia e l'altra. Un'altra
di diverso colore
e nelle mani dalla carne sfiorita
le tieni inespresse,
costrette solamente alla loro bellezza.
Mi sorridi e d'intorno
sei sospensione del tempo,
un filo d'erba che ignora il suo prato.
Incantevole dono il tuo.
Roberta Dapunt, Le beatitudini della malattia
Il libro
I versi di Roberta Dapunt, che alternano parole e silenzi in modo cosí semplice e cosí sapiente, sono sempre un dialogo col sacro, un sacro che si manifesta nei misteri del quotidiano. E il primo mistero di cui si tratta in questo libro è la demenza, il malato di Alzheimer, una forma di Altro inconoscibile, sospeso in un luogo apparentemente metafisico, ma nello stesso tempo persona, corpo, snodo di concentrazioni affettive. Ecco dunque il continuo dialogo con Uma, che in ladino significa madre ma che l’autrice usa come nome universale, una chiamata, una sorta di tu che sintetizza esperienze diverse, sue e di tanti. E questo incontro, questo accudimento diventa percorso di conoscenza di qualcosa che non si può conoscere. Un percorso difficile e doloroso che non manca di «beatitudini», una forma di misticismo riflesso dove il vero mistico è il malato, che si può soltanto interrogare senza avere risposte, che si può soltanto accostare con amorosa ritualità.