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Filò
Con una lettera e cinque disegni
di Federico Fellini.
***
«Oci de bissa, de basilissa,
testa de fogo ch 'l giasso inpissa,
nu te preghemo: sbrega sù fora,
nu te inploremo, tuto te inplora;
móstrite sora, vien sù, vien sù,
tiremo tuti insieme, ti e nu
aàh Venessia aàh Venissa aàh Venùsia.
Occhi di biscia, di regina,
testa di fuoco che accende il ghiaccio,
noi ti preghiamo: erompi su, fuori,
noi t'imploriamo, tutto t'implora;
mostrati sopra, sali, sali,
tiriamo tutti insieme, tu e noi
aàh Venezia aàh Venissa aàh Venùsia».
Andrea Zanzotto, Filò. Per il Casanova di Fellini
Il libro
Il percorso poetico di Zanzotto, fondamentale nella poesia italiana degli ultimi cinquant’anni, ha saputo recuperare lingue, forme e culture piú o meno defunte rivitalizzandole, come scrisse Fortini, in «un’oltranza informale, esorbitante, lacerante». Filò, che ebbe inizialmente l’aspetto minore di un libro d’occasione, è in realtà la quintessenza, magari in una forma piú cordiale rispetto ad altri libri, di questi elementi chiave della poesia di Zanzotto. Ciò che sembra ampiamente masticato dalla storia si riproietta in una forma sperimentale: passato e futuro si alleano per stanare il grumo oscuro e indifferenziato che abita sia l’inconscio soggettivo sia la sostanza panica del mondo. L’uso ampio del petèl, lingua infantile che ha la concretezza del parlato ma è anche piena di misteriosi richiami, porta la raccolta in questa direzione. Lo stesso felice sodalizio con Fellini è l’esito di una comune visione della storia e delle origini, il comune inseguimento di archetipi travestiti da fantasie private e viceversa.
Riproporre questo piccolo grande libro a un anno dalla scomparsa del poeta vuole soprattutto essere un omaggio e insieme un invito a rileggere un autore tra i piú affascinanti e vitali della poesia italiana.