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I confini del patto
"Il vero problema dell'Italia non sta tanto nel pericolo di collisione tra razze, culture e religioni, quanto piuttosto nell'incapacità delle istituzioni e delle nuove classi dirigenti di fissare i termini di un nuovo patto sociale, tra noi e loro, fatto di diritti e di doveri"
Il libro
Tra allarmismi e sanatorie, tra vischiosità giuridiche e avventate fughe in avanti, la questione migratoria ha segnato la fine del secolo scorso e pone interrogativi non eludibili per quello appena iniziato. In Italia amministrazioni e classi dirigenti, pur consapevoli dell’irreversibilità di questo processo, faticano ad esprimere una cultura di governo e a precisare le linee per un intervento coerente. L’immigrazione mette alla prova tanto le terapie d’urto che le facili professioni di multiculturalismo. Il nodo cruciale dell’attuale dibattito politico ed istituzionale riguarda perciò i confini entro cui, nel nostro paese, è possibile stabilire condizioni realistiche ed accettabili in grado di bilanciare i costi sociali e i benefici economici che l’immigrazione porta con sé. Pochi sanno che nel Milanese ormai ben il 63 per cento delle imprese impiega personale straniero. Ed è arduo spiegare come e perché la nuova ricchezza prodotta dagli immigrati non si ripartisca in maniera uguale tra i diversi settori della società. I rischi maggiori non vengono tanto dall’incontro di razze, religioni e culture, quanto piuttosto dalla difficoltà a siglare un nuovo patto tra noi e loro, fissando con chiarezza regole e procedure in grado di rassicurare gli Italiani e di consentire agli immigrati che lo vogliono, e lo meritano, di lasciare la condizione di stranieri per passare a quella di nuovi cittadini.