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Il diritto dell’Occidente
Chi fabbrica il diritto, quello nostro, quello altrui, quello globale?
Chi decide le regole del commercio, della finanza, dei diritti umani?
È possibile capire l'Occidente, e la democrazia, senza il diritto?
Il libro
È purtroppo comune, nei media, ma anche fra politici e intellettuali, considerare il diritto come una raccolta di codici e codicilli, oppure un esercizio accademico, quasi un’appendice di qualche corrente filosofica. Non stupisce perciò che, di fronte alle spinose questioni poste dalle realtà locali e globali, si riservino le attenzioni maggiori ai portatori di altri saperi, spesso a loro volta ignari di come il diritto abbia invece potentemente orientato, e sempre orienti, gli orizzonti su cui essi esercitano le rispettive scienze, e tutti noi pratichiamo le nostre scelte.
Il diritto, in effetti, rappresenta una chiave necessaria alla comprensione dei fenomeni, ma anche, e da sempre in Occidente, un’infrastruttura indispensabile a qualsiasi disegno geopolitico. Al fine di chiarire questi dati, e sottrarre il diritto al giogo stretto fra cavilli e filosofia, questo libro fa incontrare regole di differenti origini, giudici di varia toga, produttori di diritto di diversa legittimazione, attivisti donne e bambine, indigeni e banchieri, torturatori e depredati, all’interno di una continua dialettica fra i «noi» e gli «altri», nonché tra i differenti gradi di «globalità» (quella dei traffici, delle comunicazioni, delle idee) e di ‘località’ (quella delle comunità, delle tradizioni, delle identità) che la realtà impone.
Un’analisi che mostra come la stessa nozione di Occidente non si riesca a definire senza il suo diritto, i suoi giuristi, e le loro strategie, più o meno innocenti.