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Tornare al nucleare?
Molto è cambiato dal 1987, quando l'Italia rinunciò all'energia nucleare. È l'ora di rivedere quella scelta, se vogliamo davvero tutelare l'ambiente e guardare al futuro delle nostre politiche energetiche.
Il libro
Il consumo mondiale di energia continua a crescere spinto da tre miliardi di nuovi consumatori, soprattutto nell’Asia del miracolo economico. Le fonti rinnovabili sono destinate a restare minoritarie ancora per molti decenni. I combustibili fossili, e tra questi soprattutto il carbone, dominano il mercato energetico. Le nostre economie sono sempre più vulnerabili al prezzo del petrolio. Infine dobbiamo tutti fronteggiare la nuova sfida del riscaldamento del pianeta, con l’effetto serra e le sue disastrose conseguenze.
Anziché battersi contro l’energia nucleare vale allora la pena cercare di risolverne i problemi per acquisirne i benefici, primo tra tutti la completa assenza di emissioni in atmosfera. Nel mondo molti esponenti del movimento ambientalista sono già convinti di questo: l’energia nucleare può dare una mano all’ambiente e liberarci dalla tirannia del carbone e del petrolio.
Non v’è dubbio che tra il lasciare il proprio figlio all’interno di una centrale nucleare e regalargli un motorino, la seconda scelta comporti rischi infinitamente superiori. Eppure regaliamo motorini ai nostri figli e scendiamo in piazza contro le centrali nucleari.
È giustificata, a più di vent’anni da Chernobyl, la paura dell’energia nucleare? Oppure la sfida energetica e ambientale di questo secolo dovrebbe convincerci ad utilizzarla per fronteggiare la domanda sempre crescente di energia e per ridurne l’impatto sull’ambiente? Il resto del mondo ha già fatto la propria scelta a favore dell’energia nucleare. Sarebbe del tutto ragionevole che anche l’Italia seguisse questa strada.
Ma può un paese come il nostro, dove i rifiuti urbani diventano emergenza sociale e tecnologica, affrontare una sfida così complessa? In realtà il rifiuto italiano del nucleare mette a nudo i difetti di un’intera classe dirigente che coltiva illusioni, evita le alternative e continua a sognare un mondo che non esiste. Una leadership assente che continua a predicare bene e razzolare male, convincendosi di ciò che andrebbe fatto solo al prezzo di un continuo, irrimediabile ritardo.