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Lavorare manca
Il libro
Che cosa succede se proviamo a osservare la crisi rinunciando al consueto punto di vista, se proviamo a inquadrarla ad altezza di sguardo? Succede che ai flussi della finanza si sostituiscono le storie, alle manovre economiche le persone. Spariscono le oscillazioni dei mercati e dello spread, appaiono volti, voci di protesta. A quest’altezza, crisi vuol dire soprattutto lavoro che manca. A raccontarcelo sono due giornalisti d’inchiesta, in un reportage che ha come sfondo le fabbriche simbolo della «grande trasformazione italiana» – Innocenti, Fiat, Carbosulcis, Fincantieri, Omsa, Videocolor – le stesse che oggi sono simbolo del «grande collasso». I protagonisti, invece, sono le donne e gli uomini che in quelle fabbriche non possono lavorarci o rischiano di non poterlo piú fare: precari, disoccupati, cassaintegrati, esodati. Sono i nuovi poveri italiani, la cui voce è, all’interno di ogni capitolo, riportata in presa diretta. Gabriele Polo e Giovanna Boursier hanno raccolto le loro storie di rabbia, lotta, disillusione, speranza e le hanno cucite insieme sul tessuto di una storia piú grande: quella di un Paese al quale manca la terra sotto i piedi, ma che si ostina a tenere gli occhi puntati al cielo.