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Prometeo incatenato
Il libro
Tragedia tutta di dèi, riversata sugli uomini. Il dramma presenta l’incatenamento del Titano a una rupe come castigo di Zeus per aver sottratto dall’Olimpo il fuoco e comunicatolo ai mortali: là egli giacerà sdegnoso e rabbioso, finché non si piegherà a rivelare allo stesso Zeus il segreto che gli eviti di essere sbalzato dal trono dell’universo, come egli ne aveva sbalzato, e proprio grazie a Prometeo, il padre Crono. Ma l’intrepido si determina a soffrire quello strazio, malgrado beffe e dissuasioni: di lassù assisterà al passaggio di Io perseguitata da Era, predicendole il miserabile e poi trionfale futuro (da lei verrà il suo liberatore, Eracle); di là ancora sarà inabissato nel Tartaro dopo un ennesimo rifiuto.Si è scorto, nel cozzo tra il Titano e Zeus, da cui nasce la tragedia, l’urto di classi politiche, o di civiltà e religioni orientali e mediterranee, tesi di moda; più semplicemente si riconosce alla situazione e all’anima dell’eroe la significazione ben più vasta e perenne, ma soprattutto poetica, del conflitto tra l’uomo e la legge, della natura o del destino, costituita in forme politiche o religiose; tra l’individuo intero, pieno, esuberante, gonfio di libertà, di altruismo, e perciò ribelle, e gli ostacoli frapposti dai “dati” necessari, interiori o esteriori.