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Il drago
Il libro
Ha scritto nella sua nota introduttiva Vittorio Strada: «Il drago, che è forse la fiaba filosofica piú bella di Schwarz, egli cominciò a scriverlo – secondo la testimonianza di Nikolai Akimov, che della pièce fu il primo regista – prima ancora dell’inizio della guerra, quando, a causa dei complessi rapporti diplomatici allora intercorrenti tra l’Urss e la Germania, non era possibile all’Autore sovietico un aperto intervento teatrale contro il mostro di cui egli sentiva l’odiosa minaccia: il fascismo. Quando nel ’42 riprese il lavoro, arrestatosi al primo atto, Schwarz mantenne il gioco dei simboli fiabeschi, arricchendoli sul modello della cronaca politica di allora. A rendere il complicato e precario rapporto delle forze coalizzate contro la potenza fascista, e quale presentimento del prossimo spezzarsi di quel rapporto, nacque la sinistra figura del Borgomastro che, atteggiandosi a vittima del drago, poi si attribuisce la vittoria su di lui e finisce per sostituire il drago, ucciso da Lancellotto, nella parte di oppressore della città. Insomma una prima “lettura” del Drago portava a decifrare cosí i suoi simboli: il “drago” è il fascismo, il Borgomastro è il capitalismo, Lancellotto è l’umanità socialista. Ma ogni opera d’arte ha i suoi destini, cioè ha in sorte un’infinita possibilità di “letture”».