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Giú al nord
Tratto dallo spettacolo omonimo scritto
da Antonio Albanese, Michele Serra, Enzo
Santin, con la partecipazione di Giampiero
Solari.
«Noi nella mia famiglia lavoriamo tutti.
Da generazioni. Mio nonno ha fatto il
capannone piccolo, mio padre il capannone
grande, io il capannone grandissimo.
Mio figlio si droga» (Perego).
«Noi nella mia famiglia non lavora nessuno, da generazioni.
Mio nonno non faceva un cazzo, mio padre non faceva un cazzo,
e io, chiaramente, un benemerito cazzo, ma mio figlio si droga.
Com'è 'sto fatto?» (Alex Drastico).
«Nessuno nella nostra azienda sa che lavoro fa. E lo facciamo
comunque bene» (L'uomo che non sa che lavoro fa).
Il libro
Essenziale, acre, implacabile mai disposto alla battuta facile: il furore comico-surreale di Albanese va diritto al cuore del nuovo miracolo industriale, fondato sul superlavoro, ma anche al cuore della società che si vorrebbe postindustriale, e genera forme mostruose di lavoro. l personaggi di Albanese sfilano come marionette ossessive, non prive di grazia, tra presse lamiere computer e registratori di cassa, condannate al lavoro a vita o comandate a vagare in auto nelle morbide notti punteggiate di insegne di fabbrichette. In un Nord grande ormai quanto l’ltalia che è riuscito ad assumere persino Alex Drastico, riciclato esperto di fitness. Con tratti da pittore espressionista, Albanese disegna un’esilarante galleria di personaggi fissati, strambi, maniacali e ci dà la versione definitiva del nuovo paesaggio urbano italiano. Anime comprese.