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Pigre divinità e pigra sorte
Nessun poeticismo e nessun manierismo. Il lettore di queste poesie potrà avere la sensazione che alcuni dei classici più remoti e più amati sono presenti in questa lingua poetica senza essere mai né evocati né imitati, come forme intemporali o dèmoni propizi.
Il libro
Fare scienza di tutto ciò che la scienza trascura o ignora: sembra questa la vocazione più forte e costante che si manifesta (o si nasconde) nella poesia più recente di Patrizia Cavalli. Che pur somigliando sempre a se stessa, sviluppa ora un’attitudine riflessiva di genere filosofico intorno ai misteri di ciò che solo in apparenza è chiaro: le ragioni e le condizioni del piacere e del dolore, i mutamenti impercettibili e decisivi che confondono o che intensificano quello che sentiamo e siamo.
Le poesie epigrammatiche diminuiscono a vantaggio di monologhi più ampi e ragionati. In questo libro troviamo due poemetti che fanno capitolo a sé, Aria pubblica e La Guardiana. Il primo è una perfetta epistola civile in stile illuministico sull’uso dello spazio urbano. Il secondo è un racconto «figurale» sul labirinto dove si cerca la stanza del tesoro nascosto che forse aspetta solo il nostro arrivo per esistere e rivelarsi.
Pochi sono i poeti contemporanei capaci come Patrizia Cavalli di attivare una così raffinata e complessa tecnica poetica sia nell’improvvisazione più veloce che nella più sorprendente costruzione discorsiva e narrativa. Le misure metriche classiche le sono naturali e familiari come il lessico e la sintassi della lingua d’uso contemporanea.