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Opera sull’acqua e altre poesie
Chi ha steso braccia al largo | battendo le pinne dei piedi | gli occhi assorti nel buio del respiro, | chi si è immerso nel fondo di pupilla | di una cernia intanata | dimenticando l'aria, chi ha legato | all'albero una tela e ha combinato | la rotta e la deriva, chi ha remato | in piedi a legni lunghi: questi sanno | che le acque hanno volti. | E sopra i volti affiorano | burrasche, bonacce, correnti | e il salto dei pesci che sognano il volo.
Il libro
«Per chi scrive storie all’asciutto della prosa», dice De Luca introducendo questo suo primo libro di poesia, «l’azzardo dei versi è il mare aperto… È che a cinquant’anni un uomo sente di doversi staccare dalla terraferma e andarsene al largo». Il largo, l’orizzonte dei testi qui presentati è orientato verso il cuore pulsante delle cose, si tratti dell’ampio respiro simbolico delle parole dei testi sacri o di motivi ed emblemi della vicenda dell’autore. L’acqua è il tema dominante, visivamente e allegoricamente. Si presenta innanzitutto come elemento primordiale, preesistente alla luce stessa, citato nel Bereshit, la Genesi della Bibbia ebraica; e viene via via declinato nelle possibili implicazioni, personali e metaforiche, mitico-religiose e storiche. Dalle potenzialità che precedono la creazione alla casistica delle cronache contemporanee: Vajont, i fiumi insanguinati di Jugoslavia. Acque di riparo e di tempesta, di profondità e di superficie; acque che sono origine, mistero, fluidità e quindi vita, sentimento. E che si portano dietro, per implicazione o contrasto, le visioni-idea di cielo, terra, sangue incarnate nell’umanità archetipica della seconda parte del libro, che si chiude con l’immagine di un’arrampicata sulle Alpi.