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Lungo la traccia
Il libro
Un viaggio-pellegrinaggio in un’America che non esiste più, o che forse non è mai esistita, seguendo le tracce di un avo emigrato negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento. Fra sogni, suggestioni letterarie e folkloriche, questo è il filo narrativo del libro di Cecchinel, poeta questa volta in lingua, a parte brevi escursioni nel dialetto trevigiano e l’emergere, frequente invece, di un inglese di emigrazione, che necessariamente si confronta con gli echi pascoliani di Italy.
Poesia di paesaggi e di suoni (per esempio canzoni) filtrati dalla memoria e dalla nostalgia. Ma anche vagabondaggi in una mitologia anti-pavesiana, più percorsa dall’idea della mancanza e del ritorno che non da quella della fuga.
Il libro di Cecchinel è soprattutto il grafico emotivo di una ricerca interiore, sempre in bilico fra il perdersi e il trovarsi. Una ricerca di senso nella sequenza caotica delle esperienze, particolarmente rivelatrice perché l’occhio e l’orecchio di chi è diventato straniero, agli altri e a se stesso, sono forse più acuti nel cogliere i pochi segni, le tracce appunto, di una possibile consistenza nelle cose, fra le persone, fra le pieghe della storia.
Infine, il libro di Cecchinel è anche un piccolo sortilegio di redenzione, un procedimento per ricomporre fili spezzati tra i due lati dell’Atlantico, per curare dolori e sensi di colpa legati a un rapporto mai del tutto risolto nello sguardo da un continente all’altro.