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L’isola celeste
"La poetica di Marcoaldi riesce trasmettere un sapore insieme sperimentato e nuovo, disinvolto e teneramente cattivo. I versi hanno il ritmo naturale, il respiro e i suoni che magicamente mimano una vita familiare e segreta" Vincenzo Cerami, "Il Messaggero"
Il libro
A mosca cieca faceva incontrare e scontrare una serie di opposti (luoghi familiari ed esotici, tempi quotidiani e millenari) attraverso cui rivelare i paradossi della vita; Celibi al limbo sceglieva la forma poemetto per ampliare lo sguardo del poeta sulla realtà. L’isola celeste ripercorre queste due strade : da un lato, prosegue la congiunzione tra ordinario e straordinario, tra alto e basso, tra quotidianità e letteratura ; dall’altro, la visione poetica si fa sempre più ampia e profonda. Anche il linguaggio si pone come una ripresa e al contempo come un superamento di quello già sperimentato: rimangono la leggerezza melodica, la felicità narrativa, il folgorante lavoro su rime e ritmi, la convivenza tra lingua parlata e lingua poetica; ma qui il poeta ha compiuto un ulteriore lavoro in direzione della cantabilità, di un perfetto amalgama tra ironia ed emozioni : e sotto questa apparente facilità e discorsività linguistica affiora uno sguardo sempre più impertinente e smaliziato sul mondo e sulle inquietudini dell’uomo. E ancor più delle opere precedenti, L’isola celeste si offre come una parola essenziale, capace di penetrare con acume l’enigma delle cose.