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Trittico di mare e di terra
Il libro
Un trittico di due elementi: la terra e il mare. Sono i confini molto sfumati e generici fra cui si aggira senza riposo – terzo sottinteso, malinconico e sfuggente – il Gabbiere. Il sue errare, già lo sappiamo, è insieme un tipo di viaggio e un carattere dall’anima. Ma ecco che, in questo libro, l’eroe di Mutis giunge finalmente in tre porti che hanno ciascuno un volto, un nome e una storia: Sverre Jensen, il pescatore norvegese grande e grosso, compagno di mille risse e di memorabili sbronze, che valgono soltanto come stratagemmi per tenere lontano l’ombra del gesto finale; Alejandro Obregòn, il pittore travolgente e geniale che si perde per il mondo, ferma nei suoi quadri angeli con il viso di donna e spera di riuscire un giorno a dipingere il vento, non quello che muove gli alberi, ma “il vento che non lascia traccia, quello tanto simile a noi, al nostro mestiere di vivere, che non ha nome e ci sfugge tra le mani”; e infine Jamil, il piccolo figlio di Abdul Bashur, affidato a un Gabbiere incredulo che prima si ritrova balia e poi perderà per la seconda volta un compagno impareggiabile.Per Maqroll l’unico vero porto è il volto dell’amico. Qui, Alvaro Mutis ne dipinge tre progendo al lettore un libro sull’amicizia e sui suoi silenzi, sulle parole che mancano quando si cerca la definizione precisa di una presenza.