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Traversare l’orizzonte
In un ironico e beffardo gioco di realtà e finzioni, di curiosità e frustrazioni, un giovanissimo Marías - qui al secondo romanzo - ha ripercorso con divertimento contagioso le atmosfere dei suoi maestri d'elezione: James, Conrad, Conan Doyle.
Il libro
Chi è il capitano Kerrigan, che imbarca su un veliero scrittori, scienziati e donne misteriose per un viaggio verso il polo Sud? Sembra un personaggio alla Corto Maltese, affascinante, malinconico, con un amore infelice alle spalle e una ricchezza dalle origini incerte. In questa avventura d’altri tempi, l’enigma della sua vita si intreccia con altri enigmi (vi sono pure degli omicidi), e non tutti verranno risolti.
Il veliero, il Tallahassee – che dovrebbe portare all’Antartide scrittori e artisti, e un anonimo gruppo di scienziati e ricercatori – non arriverà mai al polo Sud, si attarderà in una crociera preliminare nel Mediterraneo per poi fare tappa – forse definitiva – a Tangeri: ma questo viaggio per mare (travesía, nello spagnolo d’origine: termine che evoca anche un vento ostile alla navigazione, perpendicolare alla costa…) è occasione o pretesto per rievocare l’enigmatico rapimento di un pianista con finale erotico, isole paradisiache nel Pacifico dove costruire una città da sogno, avventurieri pronti a uccidere e devastare, pirati senza volto, sparatorie e duelli, storie d’amore cupe e travolgenti. E ancora, in altre latitudini e altri anni, una donna minuta e misteriosa, ricca e appassionata di letteratura, che morirà portando con sé i segreti che aveva promesso di svelare ma lascerà tracce da interpretare con curiosità e acume da detective. Un magistrale e affettuoso omaggio alla grande narrativa d’avventura, un inchinarsi rispettoso ma inventivo all’arte di autori come Henry James, Joseph Conrad o Conan Doyle. Insomma, uno sfavillante Javier Marías ventunenne, qui già al secondo romanzo, che svela la passione per la scrittura e la grandezza d’ispirazione che si troveranno in un crescente continuum lungo tutta la sua opera. Anche se lo stesso autore – con indomito sense of humour – ha detto affettuosamente di questo libro: «A volte penso che non ho fatto altro che peggiorare, da allora».