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La caduta
«Della vita vissuta Mainardi ha fatto un capolavoro.
La caduta racconta dell'amore incondizionato che
umanizza la ragione e della ragione che istruisce l'affetto».
«Veja»
Il libro
La caduta è la dichiarazione d’amore di un padre per il figlio.
La caduta è la storia di Tito Mainardi, nato tredici anni fa in un ospedale di Venezia, con un danno cerebrale causato dalla negligenza di un medico.
La caduta è un libro contro i luoghi comuni. Un libro commovente, ironico, necessario.
Diogo Mainardi ha scritto un libro straordinario sulla paternità, sulla felicità di essere padri e sull’amore suscitato dalla nascita di un figlio.
Tito è nato tredici anni fa con una paralisi cerebrale, a causa del terribile errore di un medico, in un ospedale di Venezia. Quando la disabilità è stata diagnosticata, Diogo ha vissuto una settimana di «angoscia e terrore». Poi è successo qualcosa. Sua moglie Anna è caduta inciampando in un tappeto, Tito si è messo a ridere, Diogo si è messo a ridere, Anna si è messa a ridere. «La comicità slapstick era un linguaggio che capivamo tutti. Tito cade. Mia moglie cade. Io cado. Ciò che ci unisce – che ci unirà sempre – è la caduta». Diogo ha capito che Tito aveva bisogno di essere amato per quello che era, senza patetismi. Ciò che ci accomuna, «disabili» e «abili», è la caduta come categoria dello spirito: siamo nati come esseri in bilico, ognuno instabile a modo suo. Questo libro è dunque anche un’accusa formidabile contro il cliché della «normalità», contro la stupidità umana che affiora nel mondo in tempi diversi e in modi sempre nuovi, nel mito del corpo perfetto o peggio nell’eugenetica nazista.
E poiché nei suoi primi anni Tito comunicava soltanto attraverso immagini, gesti, simboli e analogie, Diogo ha adattato il suo racconto al linguaggio del figlio. In un rovesciamento radicale di prospettiva, la storia universale viene letta attraverso la storia di Tito. Ed è come se, incrociando il cammino di Leopardi, Napoleone, Rembrandt, Proust, Josef Mengele e Neil Young, il passo barcollante del bambino sbilanciasse le certezze consolatorie su cui si fonda la nostra visione del mondo.