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Il pubblico
Il mio testo non è un'opera da rappresentare; è, come l'ho già definito, una poesia che deve essere fischiata.
Federico García Lorca
Il libro
«Non vi è dubbio: quest’opera, scritta nel 1930, che ci giunge oggi imperfetta e incompleta, annuncia e precede tutto il teatro rivoluzionario dei nostri tempi. Per la sua modernità e per la sua audacia, per la sua sovrana libertà, si rivela a noi come un culmine del repertorio universale, una grande impresa dello spirito umano». Perché è stata messa in scena soltanto dopo oltre mezzo secolo che era stata scritta? Lo sapeva già lo stesso Lorca: perché era parte di un gruppo di opere allora irrappresentabili, che non potevano essere apprezzate né condivise dal pubblico contemporaneo, le «comedias imposibles» per la loro spregiudicatezza drammaturgica e per la radicalità delle scelte sessuali. Saranno poi giudicate come pervase da tale «capacità di innovazione […] che raggiungono le dimensioni di un’autentica rivoluzione contro il modello dominante sulle scene del tempo». E Lorca disse ancora, a proposito di questo testo: «È lo specchio del pubblico. Significa far sfilare sulla scena i drammi personali che ognuno degli spettatori sta pensando, mentre guarda, spesso senza concentrarsi su di essa, la rappresentazione. E poiché il dramma di ognuno a volte è molto acuto e generalmente tutt’altro che onorevole, ebbene, subito gli spettatori si alzerebbero indignati e impedirebbero di continuare la rappresentazione. Sì: il mio testo non è un’opera da rappresentare; è, come l’ho già definito, “una poesia che deve essere fischiata”».
Glauco Felici