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La porta chiusa
Il Presidente americano è stato rapito durante la visita di Stato in Norvegia. Il primo presidente donna della storia. Sparito nel nulla. Si teme un crash finanziario globale. Nella furibonda corsa contro il tempo, i servizi norvegesi e la nota coppia di detective Vik e Stubø. Con loro, o contro di loro, l'intero intelligence americano. E Warren Scifford, del'Fbi, che un tempo ha avuto una storia con Vik...
Il nuovo thriller della regina scandinava della suspense, Anne Holt, rivela a sorpresa un doppiofondo sconcertante dell'animo umano. Qual è l'inconfessabile segreto che ha reso vulnerabile Madam President?
Il libro
A soli quattro mesi dal giuramento, Helen Lardhal Bentley, primo presidente donna degli Stati Uniti, ha deciso che la sua prima visita di Stato sarà in Norvegia, suo paese d’origine.
Ma appena giunta a Oslo, Madam President sparisce dal suo albergo nel cuore della notte senza lasciare traccia. A indagare sul suo probabile rapimento, le menti migliori della polizia norvegese e dell’Fbi americano. Arriva cosí anche Warren Scifford, il responsabile dell’Unità di scienze comportamentali, col quale Johanne Vik ha avuto una contrastata storia d’amore. La sua presenza rischia di compromettere l’equilibrio di coppia di Vik e Stubø ma la posta in gioco è troppo alta per tirarsi indietro. E ben presto emerge, dal passato di Madam President, una immensa zona d’ombra capace forse di spiegare il motivo della sua scomparsa.
«Finalmente Helen Lardhal Bentley era sola. L’emicrania le faceva pulsare la nuca, come sempre dopo giornate come quella. Cautamente, si mise a sedere su una poltrona color crema. Il dolore era una vecchia conoscenza. Le faceva visita con estrema regolarità. Le medicine non le erano di alcun aiuto, probabilmente perché non aveva svelato il suo problema a nessun medico e per questo non usava che farmaci da banco. L’emicrania arrivava di notte, quando tutto era finito e lei avrebbe finalmente potuto togliersi le scarpe e tenere le gambe sollevate. Leggere un libro, magari chiudere gli occhi e non pensare assolutamente a nulla prima di andare a dormire. Ma non funzionava. Le toccava rimanere seduta immobile, appoggiata allo schienale, le braccia lontane dal corpo e i piedi sul pavimento…
Normalmente si trattava di un quarto d’ora. Alle volte fissava terrorizzata l’orologio da polso senza riuscire a capacitarsi dell’ora. Altre volte, di rado, si trattava soltanto di pochi secondi. Come stavolta, realizzò guardando la sveglia sul comodino».