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Il colbacco
Il libro
Efim Rachlin, moscovita di mezz’età, è un mediocre scrittore di libri d’avventura i cui protagonisti sono le persone buone, improbabili eroi sempre dediti al bene collettivo e plasmati in ogni dettaglio sui modelli virtuosi del socialismo reale. Rachlin, insomma, è uno scrittore russo sovietico integrato. Ma è anche ebreo. Sotto la pelle, inconsapevolmente quanto fastidiosamente, avverte cosa voglia dire essere tale in quel tipo di società: nella sua anima timorosa, assetata di consensi, la necessità di allinearsi è forte, quasi un’ingenua coazione a dimostrare che egli è più vero del vero. Tant’è che le sue critiche al sistema, pur stillanti potenziale rivolta e venefica soddisfazione, si consumano in colloqui cifrati con pochissimi intimi, lasciando comunque il tempo che trovano: una bella casa, una moglie russa e piacente che lavora con successo alla televisione, un figlio universitario, ritratto tipo del giovane omologato al sistema; e soprattutto un rispettabile status sociale, in quanto egli è stato accettato da tempo nella potentissima Unione degli scrittori. Tuttavia, come nelle incredibili storie che Rachlin racconta, si materializza un imprevisto ostacolo alla pianificata felicità del nostro travet della scrittura. L’Unione assegna, a chi ne faccia richiesta, un nuovo colbacco per affrontare i rigori della lunga stagione invernale, un copricapo che sancirà inequivocabilmente, in base alla qualità del pelo, l’appartenenza del destinatario a questo o quel livello della gerarchia. E mentre Efim già sogna, se non cerbiatto delle nevi, almeno ondatra, si vede assegnare, dopo diciott’anni di integerrima militanza, soltanto un colbacco di “gatto domestico”. Partirà da questo scottante insulto la crociata del piccolo Efim per difendere, in un rigurgito di dissennato coraggio, il diritto e l’onore perduti, un’avventura che farà di lui, nel mitico e disinformato Occidente, il nuovo grande eroe della dissidenza sovietica.