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Sulla pietra
Un rapimento, svariati delitti e un assassino, forse mancino forse no. Saranno solo leggende e superstizioni ma, da quando è ricomparso il fantasma dello Zoppo, in Bretagna le sciagure non si contano piú.
A sei anni da Il morso della reclusa, torna Fred Vargas con uno dei personaggi capolavoro del noir, lo svagato e visionario Jean-Baptiste Adamsberg, commissario del XIII arrondissement di Parigi.
Il libro
Il guardacaccia Gaël Leuven era un marcantonio solido come uno scoglio bretone, ma per ucciderlo sono bastate due coltellate al torace. A Louviec lo conoscevano tutti. Compreso Josselin de Chateaubriand (forse discendente di quel Chateaubriand), il nobilastro dall’abbigliamento eccentrico che adesso è il principale sospettato. Richiamato in Normandia dal commissario locale, Adamsberg si addentra nelle numerose ramificazioni del caso. Ma pur perdendosi come di consueto in false piste e digressioni mentali, in osservazioni prive di qualunque nesso con l’indagine, c’è da scommettere che anche questa volta verrà a capo del groviglio di omicidi ed efferatezze. Grazie alle sue illuminazioni proverbiali ma anche, forse, all’energia ancestrale dei menhir.
– Il dolmen di cui mi hai parlato è sulla strada del ponticello?
– Due chilometri dopo il ponticello, non sbagliarti. Sulla sinistra, non puoi non vederlo. È splendido, con tutte le pietre ancora in piedi. – A che epoca risale un dolmen?
– A un’epoca antichissima! Circa quattromila anni fa.
– Dunque sono pietre intrise di secoli. Perfetto per me.
– Ma perfetto per cosa?
– E a che cosa servivano questi dolmen? – domandò Adamsberg senza rispondere.
– Sono dei monumenti funerari. Delle tombe, se preferisci. Fatte di pietre verticali ricoperte da lastroni. Spero che questo non ti metta a disagio.
– Per niente. Ho intenzione di andare a sdraiarmi sul lastrone in alto, sotto il sole.
– E che cavolo ci vai a fare là sopra?
– Non lo so, Johan.