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Passaporto all’iraniana
A Teheran, per rinnovare il passaporto bisogna fare quarantotto ore di coda e attendere un mese. Chi non vuole aspettare, si affida a chi ha fatto dell'arte di arrangiarsi una filosofia di vita. Anche Nahal, la protagonista del romanzo, compie questa scelta: entrerà così in contatto, in un crescendo di situazioni esilaranti, con un'infinità di personaggi sorprendenti e imprevedibili che con uno slancio di filantropia, o con un gesto di corruzione, cercano di portarla alla meta agognata.
Il libro
Vuole tornare a Parigi, dove da molti anni ormai vive, l’iraniana protagonista di questo romanzo. Ma deve rinnovare il passaporto, operazione per cui, anche in Iran, come in ogni paese del mondo, sono necessarie delle fotografie. E proprio nell’atelier Ecbatana ha inizio l’epopea di Nahal, costretta dapprima a sottostare alle severe norme islamiche in fatto di ritratti e poi, assistita da un medico legale che baratta organi e che afferma di avere gli agganci giusti, affrontare la folle macchina burocratica dell’Ufficio centrale dei passaporti di Teheran.
Nella sua avventura non sarà però sola, perché con il passare dei giorni, dodici in tutto, il medico intrallazzatore sarà affiancato da un numero infinito di persone che, con motivazioni più o meno filantropiche, si mobilita per aiutarla. Portinai, taxisti, traduttori, burattinai, dietologi, amici, tecnici televisivi, domestiche (e loro figli oppiomani), tenutarie di bordelli, parenti di primo, secondo e terzo grado, insomma mezza Teheran consiglia, critica, offre tè e accetta caffè (francese), corrompe e si fa corrompere, talvolta recita le poesie di Rumi, immancabilmente intavola ta’orof, gli infiniti convenevoli che regolano i rapporti sociali fra gli iraniani.
Nahal Tajadod rappresenta con un ritmo serrato e molto senso dell’umorismo la vita quotidiana nel paese dei mullah, collocando al centro del romanzo gli abitanti di Teheran con le loro storie minute ma ricche di poesia e umanità.
«Passaporto all’iraniana ci racconta gli iraniani da una nuova prospettiva. È un libro pieno di ironia e di affetto.»
Azar Nafisi, autrice di Leggere Lolita a Teheran