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Apocalypse Baby
«Da quando lavoro qui, non mi hanno fatto fare
altro che pedinare adolescenti. Non c'è ragazzino
che possa fumarsi una canna senza che io
gli sia attaccata al culo. I primi anni però
non capitava che pedinassi giovani di meno
di quindici anni. Oggi non mi stupirebbe che
mi mandassero alle elementari. Gli adulti della
mia generazione s'infiltrano nella vita dei loro
figli, non sono disposti a lasciarsi sfuggire
la giovinezza per la seconda volta. Non si può
dire che detesti quello che faccio, ma truccare
i cellulari dei ragazzini è un atto per niente
eroico e tanto meno eccitante».
Virginie Despentes, Apocalypse Baby
Il libro
Irriverente e provocatorio, immerso nello sguardo acido di tre cattive ragazze – due investigatrici private sulle tracce di un’adolescente in fuga – Apocalypse Baby è una black comedy tutta al femminile, un thriller antisociale, collerico e spassosissimo.
***
La quindicenne Valentine Galtan, cocainomane ed espulsa da una serie di scuole private, sparisce misteriosamente su una banchina della metro di Parigi, malgrado fosse pedinata dall’investigatrice privata Lucie Toledo, assoldata dalla nonna della ragazzina. La povera Lucie, priva di qualsiasi iniziativa e sotto sotto in realtà intimamente solidale con gli adolescenti che tagliano la corda, sa di non potercela fare. Cosí decide di chiedere aiuto alla mitica «Iena», un’investigatrice leggendaria. Lesbica e facile a menar le mani, la Iena dà un’immediata svolta al caso. E col suo ciclone di energia traumatizza la povera Lucie, ma alla fine, a forza di scossoni, le apre gli occhi su un mondo insperato.
***
«C’è tutto: lo stile, nervoso, ironico, vivo, dell’autrice di Scopami; l’acutezza del suo sguardo sulla nostra società e i suoi sfaldamenti; la sua empatia per i poveri diavoli che ne fanno parte; le sue ossessioni sessuali immutabili e giubilanti; e un diabolico savoir-faire romanzesco, che fa di questo thriller indefinibile, road movie avvincente, “scorretto” e critico verso la società, uno dei romanzi piú riusciti della stagione».
Marianne Payot, «L’Express»