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Sepolto vivo!
«Sfuggenti e vaghi sono i confini che dividono la vita dalla morte. Chi può dire dove l'una termina e principia l'altra? Vi sono morbi, lo sappiamo, che comportano un totale arresto di ogni palese funzione vitale, e tuttavia si tratta propriamente di pause. Sono soltanto temporanee soste del misterioso ordigno. Un certo periodo di tempo trascorre, e un'ignota, invisibile forza rimette in moto i magici ingranaggi, le ruote occulte» (Edgar Allan Poe).
Il libro
Prima c’è stata Antigone. Poi Tisbe, e la Giulietta shakespeariana. I sepolti vivi. I morti apparenti, quelli di cui i vivi non si accorgono, quelli che i vivi scambiano per morti veri. Farne parte, incorrere in questo clamoroso errore di giudizio è uno dei peggiori incubi umani. È anche uno dei temi letterari piu affascinanti, dalla mitologia in poi. Perché, al di là dell’orrore che ispira, una simile condizione si presta a mille speculazioni, esprime mille significati: dall’indagine psicologica di chi la subisce alla tradizione vampiresca (i non-morti potrebbero essere dei vivi scampati alla tomba), dalla tumlazione come condanna per crimini ritenuti inespiabili alla carica metaforica della morte apparente – che forse non è peggio, o diversa, dalla vita apparente di chi spende l’esistenza in esilio, o nel buio di un ufficio. Fra i tanti racconti esistenti su questo tema, Sepolto vivo! ne raggruppa quindici, scritti da alcuni fra i maggiori autori degli ultimi duecento anni: non solo un maestro dell’horror come Edgar Allan Poe, ma anche i grandi naturalisti francesi, da Zola a Maupassant, e poi Kipling, Edith Warton. Il sogno del paranoico protagonista di Onuphrius di Téophile Gauthier, l’agonia di Ohmlin in Rabbia impotente di Gustave Flaubert, il vampiro di Una questione d’identità di Robert Bloch: tutti esempi di un’esperienza che nella sua atrocità somiglia, come scrive Malcolm Skey nell’introduzione: «a quella di una farfalla imprigionata in un barattolo, di una candela accesa (ma per quanto?) sotto una campana di vetro».