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La musa tragica
Il libro
Pubblicato a puntate nel 1889-90 – mentre D’ Annunzio dà alle stampe Il piacere e Wilde intraprende Il ritratto di Dorian Gray, testi canonici del decadentismo – La Musa Tragica risponde in termini schiettamente jamesiani alle sollecitazioni estetiche dell’«arte per l’arte», con caute adesioni e fermi dinieghi, che tradiscono comunque una latente consonanza. Ma duplice la natura di questo romanzo lo è in piú d’un senso poiché, non soddisfatto d’illustrare con un esempio il feroce conflitto tra l’arte e il «mondo», James raddoppia la posta, schierando al fianco dell’attrice Miriam Rooth – la Musa Tragica cui è intitolato il romanzo – un secondo protagonista: Nick Dormer, lui si «tragicamente» diviso tra la carriera politica e la pittura. A completare la geometria artistica e sentimentale del libro intervengono Peter Sherringham (un diplomatico non insensibile al fascino di Miriam) e sua sorella Julia, attratta da Nick, nonche uno straordinario profilo d’esteta: Gabriel Nash, la cui stessa vita è un’impalpabile creazione artistica. Personaggi ai confini tra «bel mondo» e «bohème» si muovono nei Salons e nei teatri parigini, sui prati impeccabili di antiche dimore inglesi e in una Londra che in quegli anni può ben dirsi capitale del pianeta. Bozzetti paesaggistici e d’interni, drammi personali e commedie di maniere, meditazioni sul teatro e sull’arte, tutto è reso nel volume con l’inconfondibile cifra stilistica jamesiana: un manierismo narrativo dal potere intossicante, una ponderosità voluttuosa e all’insegna dell’eccesso. Mai tradotto sino a oggi in italiano, La Musa Tragica – che ha goduto in tempi recenti di un’autentica riscoperta nel mondo anglosassone, anche grazie alla ricca edizione Penguin Classics del 1995 – è qui riproposto insieme alla prefazione scritta da James per la New York Edition delle sue opere, con cui l’autore ci schiude le porte del cabinet de travail, raccontando amabilmente la genesi del romanzo.