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La confraternita dell’uva
John Fante. Sentite che nome. Sentite che attacco. Che fucileria! Che dreadful imbroglio!
Una vicenda come un domino a cui è stato dato il primo tocco
in Colorado e che srotolandosi come una muraglia cinese portatile arriva fin qua.
John Fante Alighieri, quando la sceneggiata assurge a commedia!
Vinicio Capossela
Il libro
«Me ne sto seduto nella mia stanza piccola e sudicia a succhiarmi il pollice cercando di scrivere un romanzo… La storia di quattro italiani vecchi e ubriaconi di Roseville, un racconto su mio padre e i suoi amici». Il romanzo è La confraternita dell’uva, pubblicato per la prima volta nel 1974 e destinato a diventare, assieme a Chiedi alla polvere, il libro piú letto di John Fante.
Al centro si erge massiccia, granitica, ingombrante la figura del padre, il vecchio tirannico e orgoglioso primo scalpellino d’America – cosí almeno lui crede di essere. Fante scrive in questo romanzo la piú dissacrante e commovente elegia alla figura paterna: l’immigrato di prima generazione Nick Molise nel quale, come nella ciurma dei suoi indimenticabili «compagnoni paesani, Fante ha saputo racchiudere il ritratto piú perspicuo della prima generazione italoamericana, quel mondo di uomini di incontenibile e testarda virilità, guardati con inorridita inquietudine dai sangue blu americani persuasi “che gli italiani fossero creature di sangue africano, che tutti gli italiani girassero col coltello, e che la nazione si trovasse ormai nelle grinfie della mafia”» (Francesco Durante).