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La confraternita dell’uva
«John Fante Alighieri, quando la sceneggiata assurge a commedia! Già americano, eppure con la coda rimasta impigliata in Italia. Come un salmone mezzo mostro d'amore».
Vinicio Capossela
Il libro
«Me ne sto seduto nella mia stanza piccola e sudicia a succhiarmi il pollice cercando di scrivere un romanzo… La storia di quattro italiani vecchi e ubriaconi di Roseville». Il romanzo è La confraternita dell’uva, pubblicato per la prima volta nel 1974 e destinato a diventare uno dei libri piú amati di Fante. Al centro si erge ingombrante e granitica la figura del padre, Nick Molise, il tirannico e orgoglioso primo scalpellino d’America – o cosí almeno lui crede di essere. L’immigrato di prima generazione nel quale, come nel gruppo dei suoi compaesani, Fante racchiude il ritratto piú nitido della prima generazione italoamericana, quel mondo di uomini di testarda virilità guardati con inorridita inquietudine dagli americani persuasi «che gli italiani fossero creature di sangue africano, che girassero tutti col coltello, e che la nazione si trovasse ormai nelle grinfie della mafia». Un’elegia dissacrante e commovente che tocca fino alle lacrime.