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La casa dei nomi
«Tóibín tramuta i miti greci in carne e sangue. La scrittura è come sempre elegante, asciutta e precisa. Il rapporto fra Clitennestra ed Egisto, cupamente voluttuoso».
«The Times»
«Questo romanzo è un inno a ciò che il romanzo può fare. Ci offre introspezione, dettaglio, e tutto il collante che costituisce l'essenza della vita».
«The Guardian»
Il libro
Clitennestra vive per vendicare la morte della figlia, Ifigenia, sacrificata dal padre Agamennone agli dèi. La sua vendetta ne innescherà un’altra, e a compierla su di lei saranno i figli Elettra e Oreste. Ma le antiche divinità stanno scomparendo, e la casa un tempo popolata dei loro nomi risuona ormai a vuoto. In questo splendido romanzo di Colm Tóibín il mito classico della regina assassina e del vendicatore matricida diventa cosí una tragedia di passioni e debolezze profondamente umane.
Entra Clitennestra. «Ho dimestichezza con l’odore della morte», esordisce la regina di Micene, che quell’odore lo conosce bene. L’ha sentito sul corpo della figlia primogenita Ifigenia il giorno in cui il marito Agamennone l’ha sacrificata agli dèi per ottenerne il favore nella guerra imminente, dopo averla attirata all’accampamento con l’inganno. Moglie furiosa e madre straziata, Clitennestra prepara a lungo la sua vendetta e, al ritorno del re, si appresta a sentire di nuovo l’odore della morte, quella di Agamennone questa volta, fra le mura del loro palazzo e per sua stessa mano. Nella lingua precisa, essenziale ed elegante di cui ha dato prova in tutta la sua opera, Colm Tóibín fa rivivere le figure classiche della casata di Atreo e, intaccando la loro mitica intangibilità, le rende personaggi di carne e sangue, dotati di psicologia, motivazioni e tonalità. La Clitennestra di Tóibín è ancora la rancorosa regina del mito, ma è anche una donna alle prese con la gestione modernamente complessa del potere e con un amante, Egisto, su cui modulare desiderio e controllo. La sua Elettra è la figlia fedele che pretende la retribuzione del sangue, ma è anche la vittima di abbandono che cerca nelle ombre un sollievo dalla solitudine. Per tutti loro il processo di umanizzazione è reso particolarmente efficace dalla scomparsa di un orizzonte divino a cui ubbidire e delegare. Nel mondo della Casa dei nomi gli antichi dèi stanno svanendo e la loro legge vacilla. Non prega piú Clitennestra, si chiude la porta che conduceva Elettra ad Agamennone. Non ad Apollo si deve il piano di vendetta attuato da Oreste, né alle Erinni la sua follia. Pensieri e progetti, speranze e disperazioni si avviano a essere unicamente mortali. A Oreste, che nella tragedia di Eschilo sparisce dalla scena bambino per farvi ritorno solo da adulto in veste di vendicatore matricida, Tóibín regala un’adolescenza, un’avventura, un amore e un dubbio. Ed è questo scarto d’immaginazione a fare della Casa dei nomi «un ritratto intimo e straordinariamente compassionevole» (Literary Review) che dimostra «un’inedita ambizione, sia nel tono che nell’azione» (The Washington Post) e conferma il suo autore come uno dei migliori scrittori di lingua inglese oggi viventi.