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Cime tempestose
«Se si eccettuano le forme sadiche del vizio, il Male,
come si incarna nel libro di Emily Brontë, appare
forse nella sua forma piú perfetta».
Georges Bataille
«Emily Brontë sapeva liberare la vita dalla sua
dipendenza dai fatti; con pochi tocchi indicare
lo spirito di una faccia che non aveva piú bisogno
di un corpo; parlando della brughiera far parlare il vento
e ruggire il tuono».
Virginia Woolf
«Non si può trasmettere il contenuto se non si trasmette
insieme anche la forma. Per ciò che viene detto non è
secondario il come viene detto. Il tono fa la musica».
Franz Rosenzweig
Il libro
È un paradosso biografico fin troppo noto che il piú grande romanzo passionale dell’Ottocento europeo, quello che con piú pervicacia esplora «gli abissi del Male» – secondo la definizione che ne diede un ammirato Bataille – e che crea il personaggio sadiano forse piú potente della letteratura di ogni tempo, sia opera della figlia virtuosa di un pastore protestante di origine irlandese, cresciuta e morta prematuramente in una canonica dello Yorkshire, da cui si allontanò solo sporadicamente per frequentare un austero collegio per figlie di ecclesiastici e in seguito per lavorare come istitutrice. Romanzo unico per intensità visionaria e originalità narrativa, e unico romanzo di Emily Brontë, fu pubblicato per la prima volta nel 1847 con lo pseudonimo di Ellis Bell, e dopo la morte dell’autrice vide una seconda edizione nel 1850, a cura della sorella Charlotte, fortunata autrice di Jane Eyre. In entrambi i casi non incontrò i favori della critica: i contenuti troppo forti, la violenza psicologica e materiale che pervade tutto il libro, il carattere mistico e insieme distruttivo dell’amore tra i due protagonisti, la malvagità irredenta di Heathcliff, gli elementi gotici che fanno continuamente incursione in un romanzo di impianto realista, uniti a una struttura non lineare che sfida le convenzioni del romanzo coevo, il punto di vista multiplo della narrazione, la mancanza di progressione in una vicenda che si consuma in un andirivieni ineluttabile tra le due dimore opposte e speculari di Wuthering Heights e Thrushcross Grange, spiazzarono da principio i critici. Ci vollero anni perché il romanzo suscitasse l’entusiasmo di lettori come Dante Gabriel Rossetti, Matthew Arnold e, prevedibilmente, Swinburne. Fu solo a partire dal Novecento, tuttavia, che a Cime tempestose venne accordato lo statuto di capolavoro della letteratura di tutti i tempi. In una società letteraria percorsa dai fermenti delle nuove avanguardie e dalle prospettive aperte dalla psicoanalisi, quelle che i primi lettori avevano giudicato trasgressioni eccessive e incoerenze narrative dovettero al contrario apparire una sorta di sperimentalismo in nuce, quasi un presagio delle novità formali che già avevano cominciato a scardinare l’impianto strutturale del romanzo realista ottocentesco. A testimoniare la grande vitalità del libro si aggiungono via via i tanti adattamenti cinematografici, teatrali, musicali e letterari, colti e popolari, che amplificano la sua portata e risonanza ben oltre i confini narrativi. A noi lettori di oggi, smaliziati e consapevoli, non resta che continuare a godere di tutto il fascino ambiguo di quest’opera spregiudicata e poetica, mistica e malvagia, trasgressiva e asessuata, visionaria e grottesca, barbara e innovativa: cosí isolata dalla società ed estranea alle convenzioni del suo tempo da risultare, miracolosamente, eterna.