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Cattedrale
Come descrivere una cattedrale medievale
a chi non vede? È nella risposta a questa domanda
apparentemente insolita il cuore dell'ultima
raccolta di Carver: nella possibilità di lasciarsi
sorprendere dall'imprevedibilità della condivisione
e del contatto umano.
«Nel mio ultimo libro, Cattedrale, le storie hanno
maggior respiro. Sono più piene, forti, sviluppate,
e più ricche di speranza. Questo libro attrarrà anche
lettori che non avrebbero apprezzato Di cosa parliamo
quando parliamo d'amore».
Raymond Carver
Il libro
A volte anche una visita inattesa e poco gradita – quella di un amico cieco della moglie, per esempio – può smuovere emozioni dimenticate. È così, infatti, che il narratore del racconto che dà il titolo alla raccolta – forse il più celebre di Carver e uno dei più amati dall’autore – finisce per passare quasi senza rendersene conto dall’iniziale ostilità condita di gelosia al momento di una piccola rivelazione. È un personaggio carveriano a tutti gli effetti, l’anonimo protagonista del racconto: sottilmente alla deriva, privo di amici, inchiodato in un lavoro che detesta, con una moglie da cui forse si sente un po’ trascurato. Eppure, è proprio la presenza ingombrante del cieco Robert a costringerlo a uscire dalla sua corazza e abbozzare un rapporto umano, una condivisione che gli permetterà di recuperare, forse, una parte di sé dimenticata. Carver ne segue l’impercettibile evoluzione con naturalezza, con uno stile maturo e consapevole dei propri mezzi, da lui stesso definito «più pieno e generoso».
Se Cattedrale chiude la raccolta su una tenue nota positiva, nel resto del libro prevalgono i toni desolati, i fragili equilibri pronti a spezzarsi in conseguenza di eventi all’apparenza secondari: un nuovo trasloco in La casa di Chef, l’atto mancato di una riconciliazione impossibile in Lo scompartimento, l’inizio di una crisi senza apparenti vie d’uscita in Vitamine, in cui nella deriva personale fa irruzione la violenza della storia. O ancora a colpire i personaggi è lo spettro ottundente della disoccupazione, come in Conservazione, o del pignoramento della casa che costringe una famiglia di agricoltori all’instabilità in Briglie. Eppure si scorgono, anche nella tragedia o nella difficoltà – il lutto terribile e insensato di Una cosa piccola ma buona, l’alcolismo di Da dove sto chiamando, l’abbandono familiare di Febbre – piccoli appigli che permettono di andare avanti: qualche panino dolce ancora caldo di forno, una telefonata sotto Natale, oppure la possibilità di raccontarsi a un orecchio amico e comprensivo per voltare pagina e ricominciare.