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Cabot Wright ci riprova
Il libro
Cabot Wright, giovane impiegato di Wall Street afflitto da fatica cronica, si rivolge a uno pseudo-analista per guarire dalla sua stanchezza. Conseguenza non troppo imprevista della cura è la mutazione di Cabot in stupratore seriale, con più di trecento violenze carnali all’attivo.Cabot è in realtà il protagonista di due romanzi: il primo è quello che Bernie Gladhart, un mezzo fallito venditore di auto usate, decide di scrivere sul grande stupratore, e che la casa editrice Goliath vuole trasformare nel prossimo best-seller; il secondo è quello di James Purdy che, con humour nero swiftiano, narra di come l’industria culturale si voglia impossessare del “caso Cabot Wright”: una satira corrosiva del “sogno americano” (Matrimonio! Divertimento! Denaro!), che consacrò Purdy nel 1964 come il più irriverente e spregiudicato scrittore del dopoguerra.Se oggi la true story, il racconto-verità, è diventata una categoria fissa di televisione, stampa ed editoria, quando Cabot Wright ci riprova fu pubblicato, il genere era ai suoi albori, e merito di Purdy è di averne intuito subito le potenzialità mistificatorie. Il vero pericolo per Cabot Wright, infatti, è di essere trasformato in un eroe da romanzo, di essere declassato a fenomeno da baraccone. La sua salvezza sta nella volubilità della moda, che fa passare in secondo piano lo stupro, dietro l’incalzare di nuove e più moderne efferatezze. Nella nota che Purdy ha scritto per questa nuova edizione italiana, lo scrittore americano rincara la dose e, con toni che alla nostra assuefazione suonano apocalittici, lancia i suoi strali contro tutti i media, colpevoli di distruggere il “concetto di realtà”, di impoverire il linguaggio, e di seguire in definitiva un precetto degno di P. T. Barnum: “Non dire mai la verità, ogni qualvolta sia possibile raccontare una bugia”.