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Il sipario ducale
Da una parte la sfida ai deflagranti anni di piombo in corso, la centralità dello schermo ottundente e falsificante della Tv, la rivalsa delle presenze femminili in vario modo salvatrici, l'elaborazione quasi psicanalitica della città-teatro (sipario) che protegge e opprime. Dall'altra la fedeltà ai propri personaggi (Saluggia, Crocioni, Aspri), la cui follia eversiva incarna la sola protesta possibile. [...] Si aggiunga la compresenza nella pagina, si direbbe in ogni pagina, di personalità stilistiche molteplici [...]. Qui, come altrove, incontriamo oltre alle «smanie politico-culturali, e anche letterarie» di Volponi le tinte forti, tragiche e grottesche, della narrazione pura, accanto alla riflessione saggistica di carattere civile, alla satira, all'indignazione e all'invettiva, agli excursus nell'amata pittura cinque-secentesca (Bronzino su tutti), al gusto per gli elenchi, alle aperture liriche.
dalla Prefazione di Paolo Di Stefano
Il libro
«Sono un confusionario deplorevole, fuori del tempo e senza società. Ma senza la disonestà di accontentarmi»
Anche se attraversato da una pesante amarezza politica, Il sipario ducale è uno dei romanzi piú divertenti di Volponi, soprattutto per l’invenzione di personaggi bizzarri e indimenticabili come Gaspare Subissoni, professore anarchico e pazzoide, farneticante e immaginoso, e il conte Oddino Oddi-Semproni, ultimo rampollo di una casata decaduta, un po’ demente e un po’ furbo. Le storie dei due vengono raccontate in capitoli alternati che intorno ai protagonisti mettono in scena il teatro della città di Urbino, con i suoi personaggi minori alle prese con piccole e grandi prepotenze. E una ragazza da portare in salvo a tutti i costi. Sullo sfondo c’è l’Italia di piazza Fontana, delle bombe fasciste, delle nostalgie autoritarie, che è anche l’Italia dei televisori sempre accesi, dell’omologazione progressiva (e rapidissima) di cui parlava il grande amico e sodale di Volponi, Pier Paolo Pasolini.