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I compagni sconosciuti
«I compagni sconosciuti è racconto di estrema consapevolezza, un racconto quasi visto e riciclato da uno specchio, intimamente ragionato come un teorema».
Geno Pampaloni
Il libro
«Il tema è presto detto. Il protagonista ha scoperto che i rapporti umani fanno soffrire. E piú sono dolci, affettuosi, semplici, giusti, piú – qui sta la tragedia – fanno soffrire».
Carlo Fruttero
Quando nel 1951 appaiono I compagni sconosciuti, corre la sensazione che la letteratura italiana abbia reinventato la propria voce: si scopre infatti pronta a esprimersi in ceco, in tedesco, in russo, in polacco, e a consegnarsi all’avventura nel folto di una Vienna ancora ingombra di macerie e di eserciti occupanti. Il merito spetta al protagonista: Franco (si chiama cosí, proprio come l’autore esordiente) può decidere di troncare la propria vita oppure riannodarla a quella dei propri simili con fili tessuti di silenzio piú che di parole. Resta però inalterabile la sua fulminea rigorosa tenerezza; in una parola, il suo stile.