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Autore ignoto presenta
«Questo autore ignoto che vi si presenta è quasi certamente un imbecille. Però voi non ne siete sicuri. Prendetevi la soddisfazione di dare dell'imbecille a uno sconosciuto con documenti alla mano. Acquistate le mie pubblicazioni!!!»
Il libro
Che Delfini sia stato autore irregolare, stravagante, dispersivo l’hanno detto in molti. Che sia stato un grande scrittore prova a spiegarlo ora Gianni Celati con questa antologia di racconti editi e inediti. L’incontro letterario fra Delfini e Celati tocca il cuore della letteratura, la sua necessità, le sue ragioni, che stanno tra l’angoscia e il rifiuto del «pensare bene». Un libro che è la consacrazione di uno scrittore importante, con le sue pagine più belle e più rappresentative, ma anche una sofferta e appassionata dichiarazione di poetica, di politica, di vita.
Nessun autore italiano è stato mai più lontano di Delfini dall’idea di essere padrone della lingua, dunque di poter padroneggiarla come una tecnica. Nei suoi racconti si intravede una convinzione opposta: che la lingua ne sappia sempre più di noi, e che nei suoi ritmi, nella sua musica, ci sia un elemento materno che ci guida. È qualcosa che si avverte bene quando i personaggi delfiniani si affidano a un estro canterino, e si lanciano a cantare parole vaghe, frasi in libertà, glossolalie. È una forma di distensione fantasticante, un abbandonarsi alle parole senza creare troppe tensioni. C’è una morale in tutto questo. Perché quando si presume che le parole debbano seguire le nostre consapevoli intenzioni, viene un peso in testa che schiaccia l’immaginazione, e rende l’opera di scrivere come un martellamento delle parole per farle andare a posto. È qui che lo svogliato si trova a capire la lingua meglio dell’uomo volitivo, proprio perché la usa come puro suono, alla maniera di una canzonetta. Questa è la strada di Delfini. La purezza di Delfini sta in un alleggerimento del peso del linguaggio – dove non può esserci l’idea di un’espressione perfetta – perché si tratta di sapersi abbandonare alla parole come quando si canticchia a vanvera.
Dall’introduzione di Gianni Celati