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Opere. III
Si completa la più moderna e accurata edizione di tutto Machiavelli. Gli scritti letterari di Machiavelli, come i Canti carnascialeschi, La Mandragola o la novella Belfagor, sono tra le cose più divertenti di tutta la letteratura italiana. Solo il genio politico del grande fiorentino ha potuto mettere in ombra le doti di grande narratore e drammaturgo.
Il libro
«Le rime che aprono questo volume ci offrono i due piú antichi scritti di Machiavelli pervenutici, composti, molto probabilmente per Giuliano de’ Medici, intorno al 1492, e non stupisce che l’esordio di un giovane cresciuto nella Firenze di Lorenzo il Magnifico sia stato strettamente, tradizionalmente poetico. Stupisce, se mai, che a lungo quegli che nella storia letteraria italiana vive come grande prosatore e che sulla scena culturale europea del Cinquecento si è affermato ben presto quale pensatore, con cui – nonostante le condanne e la stessa damnatio memoriæ – occorreva misurarsi, sembri portato a pensare che l’attività intellettuale in grado di dare maggiore rinomanza sia la poesia. Testimonia peraltro in questo senso ancora la lettera inviata sullo scorcio del 1517 da un Machiavelli quasi cinquantenne a Lodovico Alamanni, in cui esprime il proprio rammarico perché Ariosto lo ha escluso dal «santo aonio coro», che accoglie festoso il cantore di Orlando, «venuto a fin di cosí lunga via»: al comune amico promette che ciò che Ariosto ha fatto a lui nel Furioso, «io non farò a lui in sul mio Asino», il poemetto che stava allora componendo. Il tentativo di capire questa ricerca espressiva di Machiavelli, guardando in che modo e che cosa, fin dall’inizio della sua attività di scrittore, «si batte nella sua fabbrica», può essere utile per comprendere l’unità profonda che collega l’insieme delle sue opere, pur nella varietà dei componimenti. Per quel che riguarda gli scritti raccolti in questo volume, se qualcuno dovesse valutare Machiavelli soltanto da ciò che vi si può leggere, la sua gloria sarebbe certamente intaccata, ma non spenta: due capolavori, qui inclusi, come La Mandragola e le Istorie fiorentine, costituiscono un monumento ære perennius del loro autore. Ma quello che s’intende notare non è l’eccezionalità di questa o quella opera, bensí l’elevatezza intellettuale che tutte presentano e insieme il filo rosso che le collega».
Corrado Vivanti