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Tempo libero Tempo libero
Volevo essere Madame Bovary
Sua nonna è stata
una collaborazionista
del patriarcato, sua madre anche.
Cosa ci si poteva aspettare da lei?
Hera torna a casa dopo tanti anni, per una fuga d'amore.
Chissà cosa direbbero le sue antenate, ora che anche
lei ha fatto una brutta fine come Emma Bovary:
l'uomo con cui viaggia parla la sua stessa lingua ma
non è suo marito. Skerd le fa sentire di nuovo che
la bellezza è un rischio, il desiderio una provocazione,
le donne seducenti come lei una minaccia. Certo,
appartenere a qualcuno può sembrare rassicurante,
ma presto si mostra per ciò che è davvero: una gabbia.
E da quella gabbia, anche se dentro non si sta
poi cosí male, Hera dovrà fuggire ancora una volta,
come tanto tempo prima.
Un'educazione sentimentale ironica e intelligente,
capace di rovesciare molti stereotipi su ciò che crediamo
di sapere delle donne.
Il libro
Hera è nata in un Paese del socialismo reale dove la donna lavora almeno quanto l’uomo e la bellezza è una colpa, soprattutto per una ragazza ambiziosa come lei. Da piccola divorava i romanzi di Tolstoj e Balzac, in cui le eroine sono tutte fedifraghe e di solito fanno una brutta fine, ma anche tanti libri di propaganda secondo cui l’ideale femminile è sposarsi e lavorare in campagna. Hera è cresciuta cosí, in bilico tra il desiderio di diventare qualcuno e la consapevolezza di dover rigare dritto, tra la voglia di vestirsi alla moda sfidando le censure del regime e i rimproveri di nonna Asmà. Poi, un giorno, è partita per Roma. In Italia all’inizio ha sofferto, si è sentita smarrita. Insieme a Stefano però ha trovato il suo centro: è diventata un’artista, ha dei figli che ama, non ha piú avuto paura di sembrare troppo. E allora cosa ci fa a Tirana con Skerd, uno con cui non ha nulla da condividere se non il corpo? E perché insieme a lui sente pulsare cosí forte l’eco della lingua madre? Hera non è piú quella ragazzina che cercava il grande amore nel dramma e negli uomini autoritari, ma ogni cosa intorno a lei sembra volerla ricacciare di nuovo nel passato da cui è fuggita. Con la sua voce essenziale e un umorismo piú tagliente che mai, Anilda Ibrahimi ha scritto un romanzo sulle insidie dell’appartenenza e della memoria, sui modelli femminili da incarnare e ribaltare, sull’importanza di rimanere fedeli a ciò che siamo diventati quando il tempo insiste per riportarci indietro.