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Un viaggio che non promettiamo breve
Dopo Point Lenana, una nuova opera-mondo sulle montagne, il territorio e il conflitto.
Il libro
«Mentre scrivevo, in Francia avevano rinviato l’inizio di aprile. Dopo lo sciopero generale del 31 marzo, la lotta sarebbe proseguita anche il 32, il 33, il 34…Ecco quel che i denigratori dei No Tav non riuscivano a capire: anche i valsusini si erano ripresi il tempo».
In Italia molti comitati e gruppi di cittadini resistono a grandi opere dannose, inutili, imposte dall’alto. Tra questi, il movimento piú grande, radicale e radicato è senz’altro quello No Tav in Val di Susa, all’estremo occidente del Paese, fra Torino e il confine con la Francia. Un movimento che da venticinque anni sperimenta forme nuove – e al tempo stesso antiche – di partecipazione, autogestione, condivisione. Perché proprio in Val di Susa? Per piú di tre anni Wu Ming 1 ha cercato la risposta a questa domanda. Si è immerso nella realtà del movimento No Tav, partecipando a momenti-chiave della lotta, intervistando decine di attivisti, incrociando storia orale e fonti d’archivio, contemplando la valle dall’alto dei suoi monti. Un viaggio che non promettiamo breve è il risultato di quel lavoro. La voce del narratore ci fa passare dal romanzo di non-fiction alla chanson des gestes, dall’inchiesta serrata alla saga popolare di ispirazione latinoamericana, con omaggi a Gabriel García Márquez e al Ciclo andino di Manuel Scorza.
«Io sono appassionato di fotografia e nella mia mente ho immagini, immagini meravigliose di signore con capelli bianchi e grembiule che si fanno spiegare da uno di Askatasuna, vestito di scuro e tutto arruffato, come si sta sui social network. L’ho visto ai presidÎ, piú volte. E in altre occasioni ho visto la signora mettere il ragazzo antagonista a fare le pulizie, perché bisogna lasciare pulito, fare la battaglia non vuol dire lasciare sporco in giro. C’è una rappresentazione del centro sociale o del ragazzo incappucciato completamente avulsa dalla realtà. Qui in valle cos’è successo? Quando sono arrivati quelli dei centri sociali, certamente avevano le loro idee e volevano fare un certo tipo di cose, ma si sono avvicinati al movimento No Tav con umiltà, non hanno preteso di cavalcare. Si è detto: facciamo un pezzo di strada insieme. Ci siamo conosciuti e hanno portato un grande contributo, soprattutto sulla parte organizzativa, su come si fanno certe cose, le manifestazioni… Questo ha avuto una conseguenza importante. Quando la sera guardi il Tg, vedi rappresentati i centri sociali in un modo che non riconosci piú, e cominci a dubitare di quel che esce da quella scatola. Questo vale per tante cose: fai la manifestazione No Tav, la sera guardi e dici: ma io c’ero a quella manifestazione lí? È tutta diversa, io non l’ho vista, non c’ero. Dopo un po’ pensi: ma se la manifestazione No Tav me l’hanno raccontata cosí, siamo sicuri che anche su tutto il resto…?»