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Stirpe
Il libro
È il 1889, eppure si direbbe l’inizio del mondo. Michele Angelo e Mercede sono poco più che ragazzini quando s’incontrano per la prima volta, ma si riconoscono subito: «lui fabbro e lei donna». Quel rapido sguardo che si scambiano è una promessa silenziosa che li condurrà dritti al matrimonio, e che negli anni verrà rinnovata a ogni nascita. Dopo Pietro e Paolo, i gemelli, arriveranno Gavino, Luigi Ippolito, Marianna… La stirpe dei Chironi s’irrobustisce e Nuoro la segue di pari passo: se prima «la campagna e la roccia abitavano insieme agli uomini, che avevano i ritmi dimessi del sole e delle bestie», ora i pastori e i mercanti devono fronteggiare quel fermento di modernità che pare voler travolgere ogni cosa. Le strade cambiano nome e si allargano, accanto alla pesa per il bestiame spuntano negozi e locali alla moda, e se circolano più soldi nascono anche bisogni che prima non c’erano. Come i balconi da ingentilire lungo via Majore, ad esempio, e Michele Angelo – che sa del ferro come nessun altro, ed è capace di toccare la materia con lo sguardo prima di plasmarla – si spezza la schiena in officina per garantire prosperità alla sua famiglia. Ma «la felicità non piace a nessuno che non ce l’abbia», e infatti quei Chironi venuti su dal nulla, così fortunati, sono sulla bocca di tutti. È l’inizio della stagione terribile: i gemelli vengono trovati morti, i corpicini fatti a pezzi e nascosti in un cespuglio, mentre la Prima guerra mondiale raggiunge anche Nuoro, e bussa alla porta di casa Chironi proprio quando Gavino e Luigi Ippolito – taciturno e riflessivo il primo, deciso e appassionato il secondo – sono in età per essere arruolati… La voce unica di Marcello Fois squaderna il Novecento con una forza poetica e infallibile, e ci consegna un romanzo che abbraccia in un solo sguardo le storie piccole e quelle grandi, la luce calda dei ricordi d’infanzia e le ombre fitte dell’età adulta. L’epica del quotidiano accompagna le sorti dei Chironi a ogni pagina, seducendo il lettore con un racconto in cui la memoria del sangue – ciò che davvero, sotterraneamente, tiene unita una famiglia – si allea alla potenza della letteratura. E ciascun personaggio sembra quasi a proprio agio, sballottato dalle onde degli anni che s’inseguono, forse perché impegnato a cercare dietro di sé il passato dal quale proviene – umile o nobile, vero o inventato che sia. L’importante è non cedere mai di fronte alle sventure: «perché non c’è genia, da che mondo è mondo, che sia nata forte e invincibile se nutrita di lacrime».
«Certo Michele Angelo era arrabbiato contro questa sorte che con una mano dava e con due prendeva, ma lui non piegava la testa, aveva imparato che certe leghe cedono quando meno te lo aspetti, basta un colpo in più. Il metallo è cosa viva, lui capisce la mano che lo forgia. Capisce il cuore di chi lo lavora».