Giulio Einaudi editore

Quelle stanze piene di vento

Copertina del libro Quelle stanze piene di vento di Francesca Di Martino
Quelle stanze piene di vento
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Una donna disillusa e smarrita torna nella sua città, sulle tracce della misteriosa morte di una adolescente. E si imbatte in una verità straziante: la tragedia di due ragazzi di oggi e del loro amore impossibile. Con una voce sommessa e implacabilmente precisa, l'autrice resuscita una Napoli capitale del mondo, amata e tradita, dove nuove e vecchie stirpi vivono combattono e muoiono.

2009
Stile Libero Big
pp. 194
€ 15,50
ISBN 9788806193416

Il libro

Di fronte al vuoto che il futuro le prospetta, Anna decide quasi in trance di tornare a Napoli, per scavare nell’apparente suicidio di due adolescenti innamorati, Alí Tayyib e Teresella Marra. Si immerge nel cuore di una città che la sconvolge per la ricchezza di colori, luci, contraddizioni. Anna si addentra cosí sempre di piú nella storia dei ragazzi, amanti malgrado il rancore, l’ostilità e le differenze che separano le loro famiglie.
Nella discesa agli inferi di una Napoli dove tutto – nonostante la disperata bellezza – sembra franare e corrompersi, la voce vitale e fresca di Teresella, e la sua impotenza di fronte al destino, diventano per Anna uno specchio in cui ritrovarsi. Nel diario di Teresella c’è forse la chiave per scoprire che alla fine di tutto l’amore è l’unico ponte possibile tra noi e gli altri.

«Sembrava che qualcuno, qualcosa, un genio, un dio con un gusto scenografico da Mille e una notte avesse preparato quella festa di pacificazione anche per noi. Ma di lí a un momento tutto cambiò brutalmente. Una luna sanguigna, da terremoti l’avrebbe chiamata mia madre, sbiadí le stelle e ombre piú taglienti ritagliarono i corpi contro il tremolio rosso delle fiaccole. Quattro o cinque uomini enormi, capeggiati da Angelo, fecero irruzione nel cortile armati di spranghe, gridando: – Arabi di merda, dovete morire tutti».

Dal diario di Teresella:

«E penso che siamo due poveri disgraziati tutti e due. Ma io gli voglio bene, piú bene di quello che ho voluto a mia madre, a mio padre quando non era ancora quello che è diventato, a mia nonna. Perché l’uomo tuo è piú di tutte queste cose assieme, è come se una ha un figlio che pure è il suo uomo. E se io gli voglio tutto questo bene che posso fare per non farlo essere quello che vuole diventare?»