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Piccolo inferno torinese
Una serie di estrosi scritti su Torino, i suoi luoghi e i suoi abitanti, con tutti gli umori ceronettiani e la nostalgia per un mondo che, sotto i colpi della modernità, ha perso le sue piccole virtù
Il libro
In questo volume, Ceronetti raccoglie le non molte prose dedicate alla sua città. A partire dal bellissimo ricordo del padre, torinese doc vissuto nel culto geometrico delle architetture e della morale, e secondo la regola di «non disturbare» il prossimo, come la maggior parte dei suoi concittadini nati come lui alla fine dell’Ottocento. E poi il divertente ritratto delle donne torinesi, un tempo «tutte sarte e modiste», dal sorriso luminoso introvabile ormai, secondo Ceronetti, nelle loro discendenti. E poi i vecchi cinema, alcuni bruciati, altri sostituiti a poco a poco da negozi alla moda sempre più odiosi all’autore. E poi le case e le tombe «ben messe», i cortili di una volta, le fabbriche, le balere, le palestre e gli incontri di boxe, tutta una Torino di prima e dopo la guerra, con la sua vita sociale minuta, i suoi artigiani, una città oggi riconoscibile a stento.
Naturalmente non tutto era paradiso: negli anni Trenta e Quaranta Ceronetti racconta di parenti ossessivi, di fascismo martellato nei cervelli della gente, dell’asfissiante onnipresenza della Chiesa (a quei tempi «la cosa più spensierata era il tram»); negli anni Cinquanta e Sessanta gli scompensi dell’immigrazione; negli anni Settanta l’odio politico e gli episodi di assurda violenza. E però, in ognuna di queste epoche, Torino e i suoi abitanti avevano una luce e qualche barlume di bellezza che la volgarità dei giorni nostri ha cancellato, forse per sempre.