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Perché non sono diventato un serial killer
Il libro
Nazzareno Zambotti nasce a Roma nello stesso giorno della Costituzione italiana, il primo gennaio 1948, e impara subito che c’è una dura legge delle cose, che può facilmente diventare un destino. Mentre intorno a lui il Paese cresce, per lui non c’è crescita. Senza una casa, la madre lo sbatte in collegio, e lo dimentica lí. Lí impara le regole piú crudeli, e impara anche a farsi giustizia da sé. Cosí, quando a quindici anni uscirà, sarà solo per passare al carcere minorile. E quando riuscirà a scappare, sarà ormai pronto a inanellare un reato dopo l’altro, alternando intensi momenti di libertà a lunghi anni di prigione.
Eppure, caparbio e a testa bassa come in ogni altra cosa, Zambotti continua a pensare che la vita gli deve qualcos’altro: quello che lui stesso riesce a tirarle fuori. Per questo, a cinquant’anni, scrive, e racconta gli anni che ha perduto. Ne nasce un libro unico, che avvince il lettore dalla prima all’ultima pagina mostrandogli una realtà che incrocia continuamente la sua, eppure rimane del tutto invisibile.
Che cos’è una «persa», e che succede se, anziché seguire la legge del branco, un ragazzo si innamora di lei e la vuol proteggere dagli altri? E si può finire a spacciare eroina per garantire le dosi a una «tossica», protagonista di una tragica storia d’amore? Come ci si comporta se si ruba in troppi un Tir pieno di sigarette? Che cos’è una «puncicata» in carcere? I capitoli avventurosi, picareschi, a volte comici, piú spesso angoscianti, di un’esistenza in cui nulla viene risparmiato, neppure le accuse piú infamanti, si alternano serrati disegnando il ritratto indimenticabile di un «cane sciolto», del tutto solitario, che sembra sprofondare sempre piú nell’abisso, eppure rifiuta, fino all’ultimo, di credere che il destino sia completamente segnato.