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Memorie di un contrabbandiere
Il libro
Nel Ballo dei pescicani, apparsonel 1973 nei «Saggi» Einaudi, Aldo Pomini ci aveva raccontato le sue mirabolanti disavventure di piccolo «duro», condannato a cinque anni di lavoro forzato alla Guyana. Era il 1931 e le peripezie salgariane di Pomini – fra traffici di ogni genere, morti ammazzati, evasioni riuscite e non, vagabondaggi nei Caraibi – durarono sino al 1939, quando gli riuscì di tornare in Italia. Il libro che ora presentiamo costituisce il seguito diretto del Ballo dei pescicani. Nel suo inconfondibile linguaggio (misto di italiano, francese, spagnolo, con qualche spruzzata di argot, di piemontese e di gerghi della «mala»), Pomini rievoca vivacemente la sua nuova attività di borsanerista, di trafficante in valuta, marenghi e stupefacenti, e infine la sua brillante «carriera» di ras del contrabbando torinese negli anni ’50. È un carosello di spiate, fughe, agguati, inseguimenti, trucchi, astuzie, un frenetico teatrino di guardie e ladri, che a volte ha esiti di franca comicità. Nell’affabulazione torrentizia di Pomini, moderno pìcaro, i drammi delle vite allo sbaraglio perdono ogni truce connotato realistico, diventano fiaba sorretta da una fresca e imperturbabile,allegria, da una adolescenziale fame di cose, di persone, di fatti. Come ha scritto Pier Paolo Pasolini, la movimentata esperienza ha insegnato a Pomini «la rivolta individuale, l’ebbrezza della propria forza che vuole innocentemente giustizia e libertà, superate da quel , qualcosa che è indicibile – la mancanza di orizzonti, la vivibilità infinita della vita».